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Riso corco alla marchigiana (e un pò di sana nostalgia del passato)

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Dopo il viaggetto in Medio Oriente si torna in Patria e ad accoglierci ci sono le mie adorate Marche con una ricettina che sa di altri tempi, di sapori genuini, di una vita contadina fatta di stenti e sacrifici ma pur sempre dignitosa, di piatti sostanziosi atti a placare la fame degli uomini di ritorno dal duro lavoro dei campi.

Chi ha piacere di leggermi sa che le mie emozioni in tavola sono queste…semplicità, autenticità sostanza.

E devo ammettere che qualche volta ho nostalgia del passato, di un passato che grazie a dio non ho vissuto, ma che ha tanto da insegnarci. Vorrei che i miei nonni fossero ancora con me, mi raccontassero delle difficoltà della loro vita, tali e tante da rendere piccolissimi (fino a scomparire) i miei futili pensieri quotidiani.

Loro che hanno sempre vissuto con poco, che esibivano senza vergogna i calli alle mani e le unghie sporche di terra; loro che potevano permettersi un solo vestito buono per i giorni di festa ed indossavano pantaloni e scarpe malconce nei restanti. Loro che non conoscevano il condizionatore o il termosifone e d’estate si proteggevano dal caldo rintanandosi in casa mentre d’inverno riscaldavano il gelido letto con le braci del fuoco. Loro che non sapevano come schiantarsi sul divano per una serata intera a guardare la tv o giocare con la playstation ma preferivano uscire a far due chiacchiere al circolo del paese, dove ogni tanto si riusciva a far due saltelli a ritmo di fisarmonica. Loro che non avevano a disposizione 10 tipi di farina, 3-4 varietà di zucchero, 30 formati di pasta, frutta tropicale tutti i mesi dell’anno… ma erano più felici di noi!

Tornare indietro è certo impossibile anche perché il progresso ha portato con sé tanti vantaggi; dovremmo solo ricordarci più spesso che abbiamo anche troppo ed accontentarci e che il vero sacrificio noi non l’abbiamo mai provato.

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Il piatto che vi propongo oggi l’ho scoperto nel blog di Agnese (marchigiana come la sottoscritta) e l’ho scelto in quanto espressione della cultura contadina della mia nostra terra anche a dimostrazione di come le massaie di un tempo fossero abilissime nell’impiegare e riciclare in cucina le materie prime, a volte poche, a disposizione.

Il riso, praticamente assente come coltura nelle campagne marchigiane, doveva essere utilizzato con parsimonia e veniva unito alla farina bianca (disponibile invece in grandi quantità) così ottenendo un pasto sostanzioso molto simile per consistenza e proprietà nutrizionali alla tipica polenta.  Corco o corgo in dialetto maceratese sta a significare disteso, a richiamare il modo di accomodare il riso nel piatto proprio come si è soliti fare nel caso della polenta.

Qualcuno lo chiama altresì riso in polenta o polenta di riso.

L’ulteriore nome utilizzato frascarelli sembrerebbe invece voler far risalire l’origine del piatto all’utilizzo nella polenta di grumi di farina (al posto del riso) ottenuti schizzando gocce d’acqua tramite dei rametti bagnati (chiamati in dialetto appunto frasche).

La tradizione vuole che a questo piatto si accompagni un sugo finto preparato con cipolla rosolata, salsiccia, gambuccio di prosciutto (i lavorati del maiale, allevato fino a 30 anni fa in quasi tutte le case di campagna) e salsa di pomodoro.

Io vista anche la stagione, e la produzione copiosa di zucchine dell’orto, ho preferito una versione bianca utilizzando due prodotti di eccellenza che mi sono stati inviati dall’Irvea per il contest delle Bloggalline ‘La cucina Italiana nel mondo verso l’Expo 2015’ in collaborazione con INFORMACIBO: il riso acquerello (già utilizzato qui e trasformato in gelato) e l’olio extravergine Toscano da agricoltura biologica realizzato con olive raccolte a mano e spremute a freddo.

Il mio piatto partecipa fuori concorso alla categoria ‘Riso ed olio extravergine’ avendo già trasmesso le 2 ricette previste dal regolamento.

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Per rendere il piatto altresì gluten-free e regalarlo, visto che è venerdì, alle amiche del GFFD ho impiegato farina di riso al posto di quella classica.

100% Gluten Free (Fri)Day

lascio una chicca per chi conosce il dialetto…

Se coce el riso ‘nte ‘na pentola bella capiente c’un abbondante acqua e un pugnetto de sale. Quannu el riso è quasi cotto, ce se ‘ggiunge la farina (poga per volta) mesculanno co’ ‘na cucchiara de legno, finu a quannu diventa ‘na polentina. Se fa bollì e a cottura ultimata i frescarelli se versane ‘nte la spianatora. Se condiscene c’un sugo che se prepara cuscì: se fa sfrige ‘nte ‘na padella l’oio, la cipolla, el gambuccio de prosciutto. Ce se ‘ggiunge i pomodori rosci freschi a pezzetti, la salciccia sbrigiolata e se fa bollì pe’ 6 o 7 minuti. Ce se sparniccia sopra el cagio grattato. Se condiscene pure co’ la salciccia in bianco o co’ un soffritto de tocchetti de pansetta e de lonza (tratto da Saperesapori.it)

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RISO CORCO alla marchigiana (per 3-4 persone)

  • 250 riso acquerello
  • 2 litri di acqua
  • 60 gr farina di riso
  • una zucchina piccola
  • 3-4 fiori di zucchina
  • gambuccio di Prosciutto di Parma
  • una salsiccia fresca
  • olio extravergine di oliva Toscano
  • scalogno

In un pentolino portate ad ebollizione l’acqua, salatela ed unitevi il riso. A metà cottura (per me dopo i primi 8 minuti) iniziate a versare a filo la farina girando in continuazione per evitare che il riso si attacchi al fondo. Proseguite fino a quando il riso risulterà cotto e vi sembrerà di aver ottenuto una polenta bianca.

Nel frattempo preparate il condimento. In una padella soffriggete lo scalogno in poco olio dopodiché unite la zucchina tagliata a fettine sottili. Salate e lasciate cuocere qualche minuto, unendo in ultimo i fiori di zucchina tagliati a pezzetti; lasciateli appassire quindi trasferite tutto in un piatto. Nella stessa padellina fate rosolare la salsiccia sbriciolata ed il prosciutto tagliato a striscioline.

Distribuite il riso nei piatti (oppure su una spianatoia) allargandolo il più possibile quindi versate il condimento e una generosa spolverata di formaggio grattugiato.

Mangiate subito.

Brioche con il tuppo [a lievitazione naturale]

brioche con il tuppo

 (scroll down for english version)

‘Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri felici tanti auguri a te…’

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Con lei è stato feeling immediato…ci siamo conosciute tra un post e l’altro raccontando di noi e della nostra vita, e commento dopo commento, abbiamo scoperto di avere così tante cose in comune da chiederci in più di un’occasione se potessimo essere sorelle!

Buffo no! Mai mi sarei immaginata di passare pomeriggi (interi) a mandare messaggi tramite whatsapp ad una persona che non ho mai incontrato e il cui volto mi è noto solo per qualche furtiva comparsata in Instagram.

Pensavo potesse essere impossibile incontrare una persona tramite il blog ed avere la sensazione di averla conosciuta da sempre ed invece è successo!

brioche con il  tuppo 3

Ora, in attesa di guardarci a quattro-occhi (forse 6 …ma questa è un’altra storia che spero, augurandomi coincidenze astrali particolarmente favorevoli, di raccontarvi presto), di confrontare la nostra altezza, le rughe intorno agli occhi e la dimensione delle tette (vince lei!) non potevo non farvi sapere che da oggi ha un anno in più sulle spalle.

Per evitare amica mia che l’argomento ‘età che avanza’ destabilizzi il tuo sensibile animo cancerino, ho pensato di addolcirti la vita dedicandoti queste brioches con il tuppo (quelle che non volevano lievitare l’altra sera mentre noi parlavamo al telefono)….ma non mi sono fermata qui…pensando alla tua dieta le ho farcite con gelato alla mandorla d’Avola, nappate con un coulis di albicocche e poi me le sono pappate in modo da non farti avere rimorsi di coscienza!

Sappi però che quando scenderai nelle Marche a trovarmi (e ti dimenticherai della dieta), nel frezeer troverai un piccolo sacchettino con una piccola scorta di queste bontà.

(spero col cuore ti piacciano perché, nonostante la tabella di marcia indicata sotto, ho fatto notte fonda per assistere le briochine lievitare, cuocerle e poi non riuscir a chiudere occhio per il profumo arrivato fin nella camera da letto!)

Questa ricetta va a Panissimo (che questa mese ospito io…qui trovate la ranocchietta per inserire il link) ed alle mie amiche Barbara e Sandra

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nonché alla nostra amica polacca qui

nowy2partecipo altresì al contest di Letizia in cucina ‘Un anno di colazioni: pane dolce e fette biscottate’ in collaborazione con Fimora.BannerContest6

Con questa ricetta partecipo infine alla Raccola BYOB del blog Sweet and That’s it

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BRIOCHES SICILIANE CON IL TUPPO CON LIEVITO MADRE (per 12 brioches)

ricetta tratta dal blog Annaferna Mordi e fuggi

  • 500 gr. di farina 0
  • 100 gr. di lievito madre rinfrescato e maturo
  • 100 gr. di zucchero (per me si potrebbe arrivare ad 80gr) + 1 cucchiaino per riattivare il lievito
  • 80 gr. di burro morbidissimo
  • buccia di un limone biologico (o arancia) grattugiata
  • 1 pizzico di sale
  • 2 uova temperatura ambiente
  • 180 gr. di latte tiepido

ore 21.30

Sciogliete un cucchiaino di zucchero e un pizzico di sale in 80 gr. di latte tiepido. Spezzettatevi il lievito madre, coprite con pellicola e lasciate riposare per 15 minuti. Nel frattempo grattugiate finemente la buccia di un limone.

Trascorso il tempo di riposo del lievito, mettete in una ciotola la farina, lo zucchero, il burro a tocchetti, le uova e il resto del latte intiepidito, unendo per ultimo il lievito sciolto in precedenza. Impastate per qualche minuto. La massa dovrà risultare abbastanza molle e appiccicosa.

ore 22.00

Spolverate abbondantemente la spianatoia di farina, versateci l’impasto, spolveratelo di farina e aiutandovi con una spatola formate una palla. Trasferitela in una capiente ciotola cosparsa di farina, coprite con pellicola e mettete in forno spento con lucina accesa fino al mattino.

ore 8.30 del giorno successivo (*)

L’impasto risulterà triplicato di volume. Versatelo sulla spianatoia infarinata e dividetelo in pezzi del peso di circa 100 gr. (ne dovrebbero uscire undici), con la pasta rimasta ricavate 11 pezzetti per fare il tuppo. Appiattite, piegate e arrotondate ogni pezzo posizionandolo sulla leccarda del forno rivestita di carta forno. Premete a questo punto con il pollice in cima al centro di ogni pallina e dopo aver spennellato con uovo posizionatevi sopra la piccola pallina tuppo e spennellate nuovamente con l’uovo. Mettete la teglia in forno con lucina accesa e lasciate rilievitare per 2/3 ore circa (a me sono occorse quasi 3 ore).

(*) se la vostra cucina è particolarmente calda l’impasto triplicherà in 5-6 ore pertanto regolatevi di conseguenza con gli orari; se avete necessità di cuocerle il giorno successivo mettere in frigorifero e l’indomani tirate fuori facendo acclimatare per almeno un’ora.

ore 11.30

Togliere la teglia ed riscaldare il forno a 180° statico; pennellate nuovamente le brioches con l’uovo e se preferite anche con zucchero semolato. Cuocete in forno a temperatura per circa mezz’ora coprendole dopo 15 minuti con carta stagnola per non farle scurire eccessivamente.

Servire fredde tagliati a metà e farcite di gelato o granita.

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SOURDOUGH TRADITIONAL SICILIAN BRIOCHES (makes 11 pieces)

  • 500 gr. bread flour
  • 100 gr. sourdough, refreshed and mature
  • 100 gr. granulated sugar + 1 teaspoon to activate yeast
  • 80 gr. butter, softened
  • grated zest from 1 organic lemon (or orange)
  • 1 pinch of salt
  • 2 eggs, room temperature
  • 180 gr. warm milk

9.30 p.m.

In 80gr of warm milk dissolve a teaspoon of sugar and a pinch of salt. Mix in the sourdough, reduced into chunks, cover with foil and let rest for 15 minutes.

In a bowl combine flour, sugar, butter (diced), eggs and the remaining warm milk, adding finally the dissolved sourdough. Knead for a few minutes (dough should result quite soft and sticky).

10.00 p.m.

Pour dough over a well floured work surface, sprinkle generously over with flour and using a spatula shape into a ball. Transfer into a large floured bowl, cover with plastic wrap and place in the oven (light on) overnight.

8.30 next day (*)

By now mixture should have tripled by volume. Transfer again onto a floured surface and divide into 100gr ball pieces (you should get 11), using the remaining dough to make 11 ball-shaped lids (called tuppo). Place each big ball on the oven tray lined with parchment paper. Press with your thumb on top of each ball, brush with egg before placing over a small ball (tuppo); brush again with the egg. Transfer the pan in the oven with light on and leave to rise for 2/3 hours (according to room temperature).

(*) during summertime temperature in your kitchen might be high therefore the dough would triple in size in 5-6 hours; if you have the need to shape brioches and bake them the next day just cover with cling film and refrigerate overnight; the following morning remember to allow the dough to reach room temperature (more or less 1 hour) after you take it out the fridge.

11.30 a.m.

Remove the pan and preheat the oven to 180°C static; brush again tops with egg and sprinkle with granulated sugar. Bake for about half an hour by covering with aluminum foil after the first 15 minutes to prevent them from darkening too much.

Serve cold cut in half and stuffed with ice-cream or granita.

brioche con il  tuppo 1

 

Divisi da una piadina (dolce)…moglie vs marito #2

piadina dolce 1 piadina dolce 2

(scroll down for english version)

La sfida casalinga a pase di piada continua….

Pensavate che la versione salata  avesse soddisfatto i nostri palati (e riempito le nostre pance)? In effetti sì e con grande piacere (direi anche vostro, che mi avete lasciato dei commenti entusiasti e bellissimi), però visto che Tiziana attraverso l’Mtchallenge ci ha lanciato la sfida consentendoci di realizzare fino a 5 piadine, tornata dalla vacanza al mare non potevo non approfittarne per sperimentare sul dolce…..proposta un  po’ bizzarra questa e fuori dal coro…però in fondo se una fetta di pane (che in Romagna è quasi esclusivamente condito con lo strutto) o di pan brioche è buona spalmata di crema di nocciole o confettura perché non può esserlo la piadina?

Ancora una volta due versioni, la sua e la mia perché i gusti non sempre coincidono, perché lui è quello tradizionale ed io la sperimentatrice, perché lui è per l’opulenza ed io per la semplicità e la tradizione. Questa volta a fare da collante tra la mia e la sua piada un ingrediente che non manca mai nel nostro frigo, la ricotta…qui in veste speciale perché più ricca, saporita e rotonda in bocca essendo fatta al 90% con latte di bufala insolitamente made in Marche (ma quante cose belle ho scoperto nella mia regione negli ultimi mesi?) .

Due ricette nate sontuose per diventare delicate, visto che in ultimo ho rinunciato alla frittura ed approfittato di un pomeriggio insolitamente tiepido per accendere il forno.

Il procedimento è sempre quello di Tiziana anche se ho leggermente modificato gli ingredienti dell’impasto…cacao amaro nella sua piadina, mix di farine vuota-dispensa e semi di papavero nella mia.

Se la scorsa volta ognuno si è gustato gelosamente la propria piada (con la scusa…Lui: ‘le albicocche nella piadina non le mangerò mai’…oppure Io:‘il salame non l’ho mai mangiato in vita mia, pensa proprio se lo assaggio ora’), questa volta, abbiamo fatto bis di piadine! Come del resto la pulce ha pucciato due volte…attratto dal cioccolato nella piada del babbo e dall’effetto sorpresa del raviolone della mamma.

La ricetta della piadina la trovate qui.

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CANNOLO DI PIADINA AL CACAO CON RICOTTA DI BUFALA E CIOCCOLATO FONDENTE (per una porzione)

  • 1 piadina (ottenuta aggiungendo all’impasto base del cacao amaro, 2 cucchiai colmi su 250 gr di farina…con questa quantità ottenete 10-12 cannoli)
  • 1 etto di ricotta di bufala
  • zucchero a velo
  • cioccolato fondente
  • un albume

(Preferibilmente il giorno prima) mettete la ricotta in un colino e lasciate che rilasci tutto il siero.

Per ottenere i cannoli dovete stendere l’impasto e ritagliare dei quadrati di 10x10cm che avvolgerete intorno a degli stampini leggermente oliati e sigillerete con un po’ di albume.

Cuocete i cannoli in forno caldo a 200° C fino a doratura (circa 20-25 minuti), girandoli  a metà cottura. Toglieteli dal forno e attendete un paio di minuti prima di estrarli delicatamente dagli stampini. Fateli raffreddare completamente.

Setacciate la ricotta (meglio due volte) attraverso un colino quindi conditela a vostro piacimento con lo zucchero a velo (1 cucchiaio abbondante a porzione dovrebbe bastare ma provate perché a detta del mio Lui potevo essere più generosa). Unite del cioccolato fondente grattugiato al momento e trasferite in un sac-a-poche. Farcite il cannolo.

Trasferite su un piatto da servizio, decorate con altro cioccolato (se vi piace l’idea potete scioglierlo e colarlo sopra!!) e frutta fresca.

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RAVIOLO DI PIADINA AI SEMI DI PAPAVERO CON RICOTTA DI BUFALA, MIELE ALL’ANICE STELLATO E PINOLI (per una porzione)

  • 1 piadina (ottenuta unendo un cucchiaio di semi di papavero per 250 gr di farina…con questa quantità usciranno 10 ravioli)
  • 40 gr circa ricotta di bufala (ho fatto ad occhio)
  • zucchero a velo
  • scorza grattugiata di limone
  • tuorlo per pennellare
  • miele all’anice stellato di Giorgio Poeta
  • pinoli tostati

Stendete l’impasto e con un coppapasta di 10cm ricavate dei cerchi. Farciteli con la ricotta zuccherata a piacere e profumata con la scorza di limone, dopodiché ripiegateli in modo da formare delle mezzelune. Sigillate bene i bordi prima con le dita poi con i rebbi di una forchetta. Sbattete leggermente il tuorlo e pennellatevi la superficie.

Cuocete in forno già caldo a 180° C fino a doratura (20 minuti circa). Servite subito con il miele ed i pinoli tostati.

piadina dolce

COCOA PIADINA CANNOLO WITH BUFFALO RICOTTA AND DARK CHOCOLATE (serving 1)

  • 1 piadina (recipe is here…I have just added 2 heaping tablespoons of cocoa powder every 250 gr of flour…obtaining 10-12 piadinas)
  • 100 gr buffalo ricotta
  • icing sugar
  • dark chocolate
  • 1 egg white

Put the buffalo ricotta in a colander and let release serum for a few hours (even better all night long).

Make cannoli by rolling out the dough and cutting 10x10cm squares. Wrap each piece of dough around a cannolo mold, lightly oiled, brush edges with egg white and press gently with your fingetips to seal.

Cook cannoli in pre-heated oven at 200° C until golden brown (about 20-25 minutes), turning after the first 10 minutes. Remove from the oven and wait a couple of minutes before removing (gently) from the molds. Let them cool completely.

Sieve ricotta through a strainer (preferably twice) and season to taste with icing sugar (1 tablespoon per serving should be enough but give it a try because up to my husband the filling was not sweet enough). Add freshly grated dark chocolate and transfer into a sac-a-poche. Stuff the cannoli with the ricotta and chocolate filling.

Transfer to a serving plate, decorate with some more chocolate (if you like the idea you can even melt it and pour it over!!) and fresh fruit.

***

POPPY SEEDS PIADINA RAVIOLI WITH BUFFALO RICOTTA, ANIS SCENTED HONEY AND TOASTED PINENUTS (serving 1)

  • 1 piadina (recipe is here…I have just added 1 tablespoon of poppy seeds every 250 gr of flour obtaining 10 ravioli)
  • 40gr buffalo ricotta cheese
  • icing sugar
  • grated zest from organic lemon
  • egg yolk to brush
  • anis scented honey
  • toasted pinenuts

Roll out the dough and using a round 10cm pastry cutter cut out circles. Fill them with ricotta (sweetened to taste with icing sugar and flavored with lemon zest), then flap one side over the other as to form crescents. Seal edges pressing roundlike with your fingers then with a fork. Lightly beat the egg yolk and brush their surface.

Bake in preheated oven at 180° C until golden brown (about 20 minutes). Serve immediately with honey and toasted pinenuts.

 ***

Con questo bis di piadine partecipo alla sfida #40 dell’Mtchallenge

piadina

Divisi da una piadina…moglie vs marito #1

la piadina

(scroll down for english version)

Questa volta gioco in casa! Anche se oramai da un paio di mesi mi rilasso nella campagna marchigiana, la mia carta d’identità parla chiaro…residenza Faenza…che per i meno esperti in geografia significa Romagna, la terra delle balere e del liscio di Raul Casadei, dell’illuminato Pellegrino Artusi, del Sangiovese e della mitica piadina.

Come per il babà, e ancor prima per lo strudel, ci è voluto l’Mtchallenge per convincermi che fare in casa una piada buona come quella del chioschetto preferito è possibile…non che non mi sia mai cimentata ma, non avendo un buon rapporto con strutto ed affini, mi sono sempre fatta tentare dalla versione all’olio extravergine….che solo oggi, dopo aver provato la favolosa ricetta di Tiziana, posso serenamente definire mediocre.

la piadina 3

Trattandosi in fondo di un pezzo di pane condito e prestandosi, non solo per la sua sostanza ma anche per la forma, alla più bizzarra delle farciture, ho cercato un ripieno veloce (perché la piada si prepara al momento) che potesse valorizzare i prodotti delle mie adorate Marche, con qualche piccola incursione fuori regione. E siccome in fatto di gusti il mio consorte ed io siamo abbastanza agli antipodi, ho creato due piadine che ci rappresentassero, lasciando a voi che passate di qui scegliere la preferita…

la sua piadina:  impasto base, ciauscolo, uva nera e aceto balsamico,

la mia piadina: impasto con farina di cece nero (legume di cui vi parlerò presto), erborinato di bufala, albicocche glassate, mandorle e miele in barrique.

Prepararle è semplicissimo e, con ingredienti alla mano, si farciscono in pochi secondi; l’impasto andrebbe fatto riposare per 48 ore ma se siete di corsa (e magari vi accorgete all’ultimo di non avere pane per cena) potete accontentarvi di una mezz’ora di riposo, il tempo sufficiente per tagliare il prosciutto, lavare la rucola o grigliare due verdure.

Per avere una scorta sempre pronta al ritorno dal mare o dal giro in moto fatene doppia dose e congelate quelle che non mangiate! Con questo caldo vi basterà lasciarle una mezz’ora a temperatura ambiente prima di riscaldarle in padella, farcirle e papparle!

Pronte per impastare insieme?

LA PIADINA ROMAGNOLA di Tiziana (per 6 piadine grandi)

  • 500 g di farina 00 (per l’impasto al cece nero ho utilizzato 400 gr di 00 e 100gr di farina di cece nero biologica)
  • 125 g di acqua
  • 125 g di latte parzialmente scremato fresco (io intero perchè la pulce beve solo quello)
  • 100 g di strutto
  • 15 g di lievito per torte salate
  • 10 g di sale fine
  • 1 pizzico di bicarbonato di sodio

Lasciate ammorbidire lo strutto mezz’ora circa fuori dal frigorifero.

Fate scaldare in un pentolino o nel microonde il latte e l’acqua finchè tiepidi.  Su di un tagliere disponete la farina e fate un buco al centro con la mano. All’interno mettete lo strutto a pezzetti con il lievito, il bicarbonato e il sale, schiacciatelo con la forchetta per ammorbidirlo, aggiungete l’acqua e il latte. La consistenza inizialmente potrebbe essere un pochino appiccicosa e la pasta si attaccherà al tagliere ma impastando per una decina di minuti, cambierà staccandosi e diventando molto morbida e liscia. Se il liquido è troppo poco si sfalda e risulta un po’ dura. Mettete l’impasto in una ciotola e coprite con la pellicola per alimenti. Lasciate riposare 48 ore al fresco, massimo 20°C, se fosse più caldo potete lasciare riposare la pasta in frigorifero e metterla a temperatura ambiente 2 ore prima dell’uso.

La pasta ottenuta sarà circa 850 grammi, dividetela in 6 pezzi da 140 grammi circa e formate delle palline, lasciatele riposare almeno mezz’ora (io ho fatto palline da 110-115 gr ottenendo 8 piadine). Infarinate appena il tagliere e disponetevi una pallina d’impasto, schiacciatela con la punta delle dita, stendete la piadina con il mattarello girandola spesso in modo che rimanga rotonda. Scaldate il testo o l’apposita teglia di terracotta, su un fornello a doppia fiamma, con sotto uno spargifiamma. Se non avete nessuna di queste teglie utilizzate una padella antiaderente piuttosto larga. La temperatura non dovrà essere troppo alta altrimenti la piadina si brucia fuori e rimane cruda all’interno, ma nemmeno troppo bassa. Cuocete pochi minuti per lato, controllate sempre alzando la piadina con una paletta. Disponete le piadine una sull’altra in modo che rimangano calde mentre le cuocete.

L’impasto può essere preparato anche con l’impastatrice, basterà inserire tutti gli ingredienti nella planetaria  e lavorarli con il gancio impastatore per 7/8 minuti fin quando il composto risulterà omogeneo.

la piadina 2

PIADINA ALLA FARINA DI CECE NERO CON DADONE DI BUFALA, ALBICOCCHE GLASSATE, MANDORLE E MIELE BARRICATO (per una persona)

  • 1 piadina di farina di cece nero
  • qualche foglia di valeriana
  • cubetti di dadone di bufala (formaggio erborinato fatto con latte crudo di bufala)
  • 2 albicocche (*)
  • una noce di burro
  • un cucchiaino di zucchero di canna integrale
  • mandorle a lamelle tostate
  • miele in barrique di Giorgio Poeta

(*) in un pentolino sciogliete il burro con lo zucchero quindi unite le albicocche tagliate a spicchi e cuocere a fiamma bassa per 2-3 minuti.

la piadina 1

PIADINA AL CIAUSCOLO, UVA NERA E BALSAMICO (per una persona)

  • una piadina
  • qualche foglia di valeriana
  • 3 fette di ciauscolo
  • 4/5 chicchi di uva nera
  • aceto balsamico di Modena Igp

la piadina 4

PIADINA (makes 6 large size or 8 medium)

  • 500 gr all purpose flour
  • 125 ml of water
  • 125 ml fresh semi-skimmed milk
  • 100 gr lard at room temperature
  • 15 gr  baking powder
  • 10gr salt
  • pinch of baking soda

In a small saucepan warm water and milk.

In a bowl combine the flour with the baking powder and the baking soda and make a well in the center, where you will put the lard cut into chunks. Begin to mix with a fork before adding water and milk. Mix until well combined then turn the dough over a work surface and knead by hands for about ten minutes. Transfer the dough in a bowl and cover with plastic wrap. Let stand 48 hours in the fridge. 

Take the dough out of the fridge 2 hours before using. Make 6 balls and let rest covered with a cotton towel for about 20 minutes. Lightly flour work surface and gently flatten one ball at a time with your fingertips before rolling out the piadina with a rolling pin.

Heat a heavy pan on a stove. Cook a few minutes on each side until lightly brown. Arrange the piadinas on one another to keep them warm and cover with a towel.

la piadina 5

BLACK CHICKPEAS FLOUR PIADINAS WITH BUFFALO BLUE CHEESE, GLAZED APRICOTS, ALMONDS AND AGED HONEY (serves one)

  • 1 piadina made with black chickpeas flour
  • green salad
  • buffalo blue cheese diced
  • 2 apricots sliced (*)
  • teaspoon butter
  • teaspoon brown cane sugar
  • toasted almonds sliced
  • aged honey

 (*) in a small saucepan melt butter and sugar then add the apricots and cook on low heat for 2-3 minutes until slightly tender.

la piadina 6

 PIADINA WITH CIAUSCOLO, BLACK GRAPE AND BALSAMIC VINEGAR (serves one)

  • 1 piadina
  • green salad
  • 3 slices ciauscolo (traditional Marche salami)
  • black grape
  • balsamic vinegar

 ***

Con questo (primo ma non ultimo) bis di piadine partecipo alla sfida #40 dell’Mtchallenge

piadina

Coniglio {ruspante} in porchetta, cotto nel forno a legna

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Ancora lui, il finocchietto selvatico. Dopo aver profumato la zuppetta di fregola, vongole e carciofi, oggi va ad arricchire, rendendolo unico, il sapore questo piatto espressione della cucina rurale delle mie adorate Marche.

Un piatto che mi rappresenta e che entrerebbe di diritto nella lista dei miei top 5 insieme alla crescia sfojata.

Un piatto che sa di campagna, di sapori autentici e genuini, di quell’arte di arrangiarsi tra i fornelli con il poco a disposizione che è stato il leit-motiv della cucina delle nostre nonne.

coniglio in porchetta 7

Coniglio rigorosamente ruspante, allevato nell’aia intorno casa e nutrito con l’erba tagliata col maraccio nei campi, dalle donne o dagli anziani. Un generoso e succulento ripieno preparato in passato con la carne del maiale (anch’esso di casa) macellato all’inizio dell’inverno (bistecche, salsicce e prosciutto), oggi alleggerito e rivisitato. Vino bianco, aglio e finocchietto selvatico, raccolto nelle bordure intorno casa, per insaporire una carne bianca e quasi priva di grassi.

coniglio in porchetta 6

coniglio in porchetta 4

La differenza la fa il forno a legna! Ho provato diverse volte a cuocerlo nel forno tradizionale ma non c’è paragone…solo con il calore sprigionato dalla legna la pelle, bagnata più volte con il vino, diventa croccante (il che sembrerebbe impossibile da una carne così magra) fino ad assomigliare a quella della famosa porchetta di maiale umbro-laziale.

Questa volta maestra dei fornelli è stata mia suocera che ha acceso il forno con le fascine ed una volta giunto a temperatura (riconoscibile dal colore bianco che assume la sua volta) l’ha  pulito con una fronda di foglie di carciofo ed ha infornato coniglio e pizze di formaggio. Non avendo spazio per infornare una (generosa) teglia di patate, ho accompagnato il coniglio con le fave dell’orto, sgusciate e cotte in padella per pochi minuti con uno scalogno.

Il vinello del suocero e dei panini con lievito madre sfornati il giorno prima hanno fatto da accompagnamento alla nostra cena.

coniglio in porchetta 5

CONIGLIO IN PORCHETTA DI CASA MIA (per 6-8 persone)

  • un coniglio ruspante
  • olio extravergine
  • 3-4 spicchi d’aglio
  • vino bianco secco
  • 1 fettina di prosciutto di Parma (tagliata spessa 3-4 mm)
  • 1 salsiccia fresca
  • 3 fettine di polpa di maiale scelta
  • un mazzetto di finocchietto selvatico
  • fave
  • scalogno

Pulite il coniglio rimuovendo eventuali pezzi di grasso ed aprite lo sterno (perché lì dovrà andare il ripieno) mantenendo però unita la parte superiore. Mettete il coniglio a bagno in acqua e aceto per almeno un’ora, dopodiché sciacquatelo sotto l’acqua corrente, scolatelo ed asciugatelo con un telo pulito.

In un pentolino fate riscaldare dell’olio extravergine, unite gli spicchi d’aglio in camicia, la salsiccia spellata e spezzata, la carne ed il prosciutto tagliato a listarelle ed abbondante finocchietto (sia stelo che barbe) tagliato in piccoli pezzi. Fate andare a fuoco vivace per qualche minuto fino a quando il tutto risulterà ben dorato. Se necessario unite poca acqua. Salate e pepate. Rimuovete gli spicchi d’aglio (oppure tritateli finemente).

Trasferite il coniglio in una pirofila ovale salatelo, praticate dei tagli nelle gambe e lungo il dorso nei quali inserirete sale ed olio; riempite lo sterno con il ripieno richiudendo quindi i due lembi di pelle con 6-7 stecchini. Massaggiate con il restante ripieno tutto il coniglio ed irrorate con altro olio. Lasciate insaporire per 8-10 ore.

Accendete il forno (quello tradizionale a 220° C) ed una volta giunto a temperatura inserite la teglia con il coniglio. Irrorate con vino bianco e fate cuocere per 2-1/2 – 3 ore fino a quando la carne risulterà morbida (fate la prova con una forchetta). Durante la cottura raccogliete il liquido e riversatelo sul coniglio per ammorbidire le carne e formare la crosticina.

Servite tagliato a pezzi con fave fresche sgusciate e spellate e cotte in un padellino con dello scalogno (oppure con le classiche patate).

coniglio in porchetta 2

MY MOTHER IN LAW’s RABBIT IN PORCHETTA cooked in woodfired oven(serves 6-8)

  •  1 skinned and cleaned rabbit (homegrown)
  • extravirgin olive oil
  • 3-4 cloves garlic
  • dry white wine
  • 1  3-4mm thick slice prosciutto di Parma ham
  • 1 fresh sausage peeled and cut into small chunks
  • 400 gr lean cut of pig meat  (loin or shoulder) cut into small chunks
  • 6-7 sprigs wild fennel, chopped
  • fresh fava beans
  • 1 shallot

Clean rabbit by removing any pieces of fat and open the sternum. Soak rabbit in water and vinegar for at least a hour, then rinse under cold water and pat dry with a clean cloth.

In a small saucepan, heat extravirgin olive oil, add 2-3 cloves of garlic, sausage, meat, ham and plenty of fennel (both sticks and leaves). Stir-fry over a high heat for a few minutes until golden brown. Season with salt and pepper to taste and remove the cloves of garlic (or chop finely).

Transfer rabbit in a oval baking dish add saltmake some cuts in the legs and along the back in which you will insert salt and oil; open up the rabbit and spread the mixture in the cavity before overlapping the two flaps of skin and closing with 6-7 toothpicks. Rub skin with the remaining stuffing and drizzle generously with oil. Leave to marinate for 8-10 hours.

Preheat the oven (traditional 220° C). Drizzle rabbit with white wine and bake for 2-1/2 – 3 hours until the meat will be cooked through (you might do a test with a fork). During cooking, pick up the liquid and pour over the rabbit to soften the meat and form a delicious crunchy skin.

Cut rabbit into pieces and serve with fresh fava beans, shelled and peeled and cooked in a pan with a shallot (or with classic roasted potatoes).

***

“Con questa ricetta, partecipo al contest : “La Cucina Italiana nel Mondo verso l’Expo 2015″, organizzato da Le Bloggalline, in collaborazione con INformaCIBO.

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Zuppetta di fregola sarda con vongole, carciofi croccanti e finocchietto

zuppetta di fregola con vongole, carciofi e finocchietto

(scroll down for english version)

Mi piace questa vita un po’ nomade…senza orari…senza sveglia che ti rimbomba nelle orecchie e che ti butta giù dal letto la mattina presto…senza colazioni divorate di corsa ed uscite di casa alla velocità della luce per mollare la pulce al nido negli unici dieci minuti nei quali l’orda di genitori sembra acquietarsi.

Senza necessità di rintanarsi stremata sotto le coperte quando al cinema i giovani si godono il secondo spettacolo serale, perché la notte passa in fretta e tu hai bisogno di riposare per poter essere in forma il giorno dopo.

Mi piace svegliarmi ed andare a dormire con gli uccellini che cantano felici, sentire il picchio che batte nel pioppo poco distante, allungare l’orecchio per percepire il canto della civetta (e, tra non molto, lasciarsi cullare dal suono delle cicale).

Capita anche che tutto questo ti emozioni al punto da farti perdere il sonno! Ed allora, per la gioia immensa del consorte che nel frattempo si è deciso a spegnere la tv, ti giri di qua e di là alla ricerca della posizione che meglio possa conciliare il tuo riposo, ti alzi e vai a prenderti un bicchiere di acqua oppure fai un salto a controllare la piccola pulce, ti accerti di aver chiuso il rubinetto del gas o di aver programmato la lavastoviglie per la notte, ricontrolli la porta e la sicura alle serrande (visto che in zona girano brutti ceffi)…e poi…senza fare troppo rumore (perché nel frattempo l’uomo grande si è addormentato) ti stendi supina in attesa che arrivino i primi sbadigli.

Se l’attesa si protrae più del previsto, perché sei certa di aver sentito un rumore provenire dal giardino (ladri o cinghiali?) resti in ascolto e ne approfitti per pensare alla prossima ricetta!

Eh sì perché questo piatto è nato così…ingannando una notte di insonnia, pensando a cosa ci fosse in dispensa o da raccogliere nell’orto la mattina successiva.

zuppetta di fregola con vongole, carciofi e finocchietto 5

La fregola (*) c’era (e c’è anche il fregolone che è poi quello che ho usato per questa ricetta), i carciofi anche (vi dico solo che ne abbiamo finora raccolti oltre 600), il finocchietto cresce spontaneo un po’ ovunque (e nelle Marche ci piace tanto…). Mancavano solo le vongole ma è bastato scendere in città e comprarne un sacchettino.

Spero le foto vi mettano appetito perché io questo piatto l’ho adorato…e divorato!

(*) la fregola, o fregula, freula, pistizone, è una pasta tipica della Sardegna fatta con semola di grano duro lavorata a mano con acqua fino ad ottenere delle palline che poi vengono lasciate asciugare in forno a 50°C oppure tostate. La fregola a grana grossa (come quella che ho usato io) prende il nome di fregolone. Viene utilizzata per minestre, zuppe o primi asciutti (un po’ come il medio-orientale cous-cous al quale rassomiglia).

zuppetta di fregola con vongole, carciofi e finocchietto 4

zuppetta di fregola con vongole, carciofi e finocchietto 2

zuppetta di fregola con vongole, carciofi e finocchietto 3

ZUPPETTA DI FREGOLA SARDA CON VONGOLE, CARCIOFI CROCCANTI DELL’ORTO E FINOCCHIETTO SELVATICO (per 2 persone)

  • 120 gr di fregolone (o semplice fregola)
  • brodo vegetale
  • 500 gr di vongole (lupini per me)
  • un carciofo
  • un limone (o aceto)
  • uno spicchio di aglio
  • olio extravergine di oliva
  • pangrattato
  • finocchietto selvatico
  • peperoncino

Mettete a spurgare le vongole per un paio d’ore in acqua fredda e sale cambiando l’acqua un paio di volte (eliminate quelle rotte).

Iniziate pulendo il carciofo, eliminando le foglie esterne e tagliando le cime. Immergetelo in una ciotola con acqua e limone (o aceto).

Scolate le vongole, sciacquatele sotto l’acqua corrente. In un pentolino fate soffriggere uno spicchio d’aglio ed un peperoncino in poco olio dopodiché aggiungete le vongole. Coprite con il coperchio ed attendete qualche minuto fino alla loro apertura (se vi piace sfumate con del vino bianco). Trasferite le vongole (solo quelle aperte mi raccomando, le altre vanno gettate) in una ciotola (mantenendole al caldo) e filtrate il liquido rimasto nella pentola.

In un pentolino mettete del brodo vegetale e una volta giunto a bollore tuffatevi la fregola; cuocete per il tempo indicato nella confezione unendo il liquido delle vongole.

Nel frattempo scolate il carciofo, strizzatelo e tagliatelo a spicchi; fatelo cuocere velocemente in un pentolino con uno spicchio di aglio e poco olio versando a pioggia 2-3 cucchiai di pangrattato. Spegnete e tenete in caldo.

Terminata la cottura versate la fregola con il suo brodo in delle fondine, unite le vongole, i carciofi arrostiti ed il finocchietto tagliato.

zuppetta di fregola con vongole, carciofi e finocchietto 1

SARDINIAN COUS-COUS WITH CLUMS, ARTICHOKES AND WILD FENNEL (serves 2)

  • 120 gr sardinian cous-cous (larger size called fregolone)
  • vegetable broth
  • 500 gr clums
  • 1 artichoke
  • 1 lemon (or wine vinegar)
  • 1 clove garlic
  • extravergin olive oil
  • breadcrumbs
  • 1 sprig wild fennel, chopped
  • chilli

Soak clams to purge for a few hours in cold water and salt, changing water a couple of times and discarding any shells opened, cracked or smashed.

Clean artichoke by removing the outer leaves and cutting the tops. Soak in a water and lemon juice (or vinegar) mixture.

Drain clams and rinse under running water. In a saucepan, sauté garlic and chilli in oil then add clams. Cover with a lid and wait a few minutes until they are opened. Transfer opened clams (any clams that after cooked remain close must be discarded) in a bowl (keeping warm) and strain the liquid in the pot.

In another saucepan cook sardinian cous-cous in boiling vegetable broth combining at last the liquid reserved from clams.

Meanwhile, drain and squeeze artichoke and cut into thin slices; sauté in a pan with a clove of garlic and some oil, pouring over 2-3 tablespoons of breadcrumbs. Season with salt, switch off and keep warm.

Pour pasta with some broth in serving plates, add clams, roasted artichokes and spinkle with fennel.

***

Con questa ricetta partecipo al primo contest di Vado…in cucina con la collaborazione di Pasta Lagano

1° contest logo2

 

Signore e signori…il Babà al miele e mistrà {con lievito madre} per l’Mtchallenge #39

babà al miele e mistrà

babà al miele e mistrà 4

(scroll down for english version)

Non ho mai mangiato un babà. Mi correggo, non è vero.

Ne ho assaggiato un cicinin una volta, molto ma molto tempo fa, e quella briciola inzuppata di rum è stata sufficiente per convincermi che non era un dolce fatto per me.

Dopo di allora l’ho rivisto qualche centinaia di volte nei banconi delle pasticcerie ma mai, dico mai, che mi sia tornata la voglia di provarlo. Un motivo preciso c’è…anzi, a pensarci bene, due:

1) mi piacciono i dolci rustici e che fanno crock sotto ai denti,

2) non bevo superalcolici (anche se ammetto che qualche volta mi piace bagnarmi le labbra con la grappa).

Ma com’è che questo Mtchallenge riesce a farmi provare piatti che mai mi sarei sognata di fare? E questa volta mi sono pure divertita anche se ad un certo punto ho creduto che qualcuno mi avesse fatto il malocchio (proprio come è successo a Giulietta).

Ma andiamo con ordine. Rinfresco il mio adorato lievito madre perché Antonietta, l’artefice di questa ricetta, è stata così cara da lasciarci entrambe le versioni del suo caro babà. Potevo mai fare la figura della principiante (che poi di fatto lo sono!) quando qui nel blog mi vanto di sfornare pagnotte, pizzette e grissini a lunghissima lievitazione!

Non avendo idea di quanto tempo il primo impasto avesse bisogno per raddoppiare, faccio un ipotesi ma la sbaglio e mi ritrovo a dover cambiare di corsa la scaletta degli impegni domestici, facendo i salti mortali per trascorrere un po’ di tempo con la piccola pulce (ma per fortuna i nonni!!!).

babà al miele e mistrà 2

Il mio impasto cresce a ritmo di lumaca ed allora inizio a pensare che forse qualcuno sta gufando per me (che sia il marito che è fuori qualche giorno per lavoro e che si lamenta di perdersi sempre piatti straordinari?). Dopo sei lunghissime ore (ed una ventina di apri-chiudi il forno) vedo il tanto atteso miracolo e mi rilasso…errore gravissimo!

Vado con il secondo impasto e visto che ho il Kenwood lo sfrutto…farina, lievito madre, burro, latte…tutto sembra andare per il meglio…la massa si sta compattando…che si sia incordato così in fretta?!? A questo punto faccio la cavolata più grossa…pulisco ben benino il tavolo della cucina (Antonietta ci ha vietato di usare la spianatoia di legno ed ora capisco perché) e ci scaravento sopra l’impasto pronta per gli ultimi minuti (???) di lavorazione prima di vederlo compattarsi in una palla omogenea…a questo punto il delirio…passa quasi un’ora prima che riesca a vedere una massa decente, ho la spalla sinistra (mancina sono!) talmente indolenzita che non guarirà nemmeno con un tubetto di Voltaren…per di più sono quasi le otto di sera e la mia pulce scalpita per mangiare (dubitavate?). Evito di ritornare in planetaria perché ho quasi il sentimento che possa combinare il disastro definitivo. Con entrambe le mani ricoperte di impasto (che nel frattempo è finito anche sul muro) cerco di fare delle palline e di adagiarle negli stampi. Guardo sconsolata quello che dovrebbe essere il mio primo babà.

Passano altre tre lunghissime ore prima di poter constatare che l’impasto, nonostante più timori che speranze, è comunque cresciuto! Sono le 23.30 e solo ora mi rendo conto che mi aspetta una notte insonne. Perché il babà non va solo cotto ma quando è ancora tiepido va bagnato con uno sciroppo che ad intervalli di 15-20 minuti va raccolto e riversatogli sopra fino a quando risulterà completamente assorbito dall’impasto.

Ho resistito per due lunghissime ore poi quando voi eravate già in un sonno profondo ho deciso che il mio babà di inzuppo ne aveva avuto abbastanza (anche se di sciroppo ne era avanzato un bel pò).

Il giorno dopo, con il senno di poi, credo di aver fatto la cosa giusta perché se avessi continuato a bagnarlo mi sarei ritrovata con una pappetta in mano. Credo ciò dipenda dal fatto che ho usato uno stampo più piccolo di Antonietta ed ho preparato volutamente uno sciroppo meno denso perché tutto ciò che è troppo zuccherino mi stomaca.

babà al miele e mistrà 3

Ma ora veniamo al mio babà…dal titolo è chiaro che, pur rispettando dosi e procedimenti di Antonietta (non avrei mai fatto diversamente), ho cercato di personalizzarlo ed avvicinarlo ai miei gusti.

Niente zucchero (ad eccezione della crema) ma miele….in particolare miele con infuso di anice stellato (del quale vi avevo parlato qui) che ha regalato all’impasto un profumo straordinario oltre che un colore leggermente più ambrato.

Niente rum ma mistrà cioè distillato di anice (la marca è famosissima) prodotto nelle Marche dal lontano 1868 (ho notato sulla bottiglia che la licenza UTF è la n.1 pertanto sembrerebbe il primo liquore registrato dopo la nascita della nostra bella Italia!).

Sciroppo al miele…magari da rendere la prossima volta più denso mettendo meno acqua o aumentando il miele.

Sulla crema pasticcera sono caduta come una pera perché avrei potuto tentare di mettere miele al posto dello zucchero (comunque di canna) e nella peggior delle ipotesi rifare tutto…tanto le gallinelle in questi giorni sono particolarmente prolifiche!

Le amarene sciroppate fatte dalla mamma le avrei anche avute…peccato siano nella dispensa romagnola…ero partita con l’idea di decorare con frutta tropicale poi però l’orto ci ha regalato tante fragoline ed allora ho usato quelle.

Che dire…è stata una faticaccia ma ne sono contenta perché la ricetta di Antonietta è favolosa e per la prima volta in vita mia ho apprezzato (non solo io a dire la verità) il babà. La soddisfazione più grande tutti quei buchini…bravo ancora una volta il mio Pastrocchio!!!

babà al miele e mistrà 5

IL BABA’ AL MIELE E MISTRA’ A LIEVITAZIONE NATURALE (per uno stampo da 20 cm e 6 stampini monoporzione o 11 stampini monoporzione)

per il babà:

  • 280 g di farina bio tipo 0 Manitoba
  • 3 uova cat a grandi (io delle mie gallinelle)
  • 100 g di burro (bavarese)
  • 90 g di latte (fresco intero)
  • 20 gr di miele all’anice stellato
  • 50 g di lievito madre rinfrescato
  • 10 gr di lievito di birra
  • ½ cucchiaino di sale fino

per la bagna:

  • 1 litro di acqua
  • 300 gr di miele all’anice stellato

per la crema pasticcera:

  • 250 ml di latte
  • 2 tuorli
  • 2 cucchiai colmi di zucchero di canna chiaro
  • 2 cucchiai rasi di farina
  • 1 limone biologico
  • 30 g di burro

per completare il babà:

  • 5 cucchiai di mistrà o distillato di anice
  • fragoline del mio orto
  • miele all’anice stellato

Primo impasto

Versate in una ciotola 120 g di farina, fate la fontana, aggiungete 1 uovo, il lievito madre, il miele e 30 g di latte tiepido. Impastate, coprite con un telo umido e attendete il raddoppio. A me sono servite 6 ore.

Secondo impasto

Versate in un’altra ciotola la restante farina (160 g), aggiungete il primo impasto e 1 uovo, sciogliete bene e amalgamate, poi incorporate il secondo uovo. Impastate  energicamente per 10 minuti, battendo contro i bordi della ciotola e aggiungendo man mano del latte a cucchiaiate. Sciogliete il burro a bagnomaria o in un microonde e versatelo a filo sull’impasto, incorporandolo lentamente. Per ultimo, in una tazzina “impastate” il lievito di birra con il sale finché diventa una cremina  liquefatta e aggiungete anche questa alla massa.

Lavorate per 5 minuti nella ciotola, poi ribaltate l’impasto su un piano da lavoro e iniziate a lavorare energicamente piegandolo e sbattendolo più volte per 15/20 minuti. Qui bisogna avere tenacia e resistenza perché questa è quella fase in cui è possibile ottenere un babà spugnoso e morbido, capace di assorbire e trattenere la bagna.

Quando inizierà a staccarsi dalle mani e piegandolo manterrà una forma tondeggiante, senza collassare e vedremo l’accennarsi di bolle d’aria il nostro impasto è pronto.

Ricavarne 11 palline e sistemarle negli stampini monoporzione precedentemente imburrati (nel mio caso 5 palline sono finite nello stampo e le altre 6 negli stampini monoporzione). Ogni pallina deve arrivare a metà altezza dello stampino. Sistemarli in una teglia e lasciar lievitare in forno spento con luce accesa fino a quando triplicano di volume, fuoriuscendo dal bordo superiore formando una calottina di circa 2 cm. A me sono servite 3 ore e mezza.

L’impasto nello stampo grande è triplicato ma è comunque rimasto tre dita sotto il bordo.

Preriscaldate il forno a 200°, infornate, abbassate a 180° e cuocete per 20 minuti. A metà cottura coprite con un foglio di alluminio.

A cottura ultimata lasciate intiepidire per 10 minuti, staccateli delicatamente dagli stampini (basta reggere lo stampino con una mano e con l’altra tirare e contemporaneamente roteare leggermente la calottina) e adagiateli in una ciotola larga.

Preparate la bagna. Versate l’acqua in una pentola, aggiungete il miele e lasciate sobbollire per 10 minuti.

Spegnete, lasciate intiepidire e versate sul babà ancora tiepido. Ogni 15/20 minuti, aiutandovi con un mestolino, raccogliete lo sciroppo sul fondo del babà e irroratelo di nuovo. Continuate così finché non si presenta ben inzuppato e tratterrà lo sciroppo più a lungo, cedendolo sempre più lentamente. Adagiatelo su un piatto da portata, facendolo scivolare con molta attenzione.

Per i babà monoporzione il bagno sarà simile; dopo aver  versato lo sciroppo sopra, rigirateli dentro di esso ogni 10/15 minuti e comunque finché al tatto non abbiano la consistenza di una spugna inzuppata. Scolateli dallo sciroppo e adagiateli su un piatto da portata.

Preparate la crema pasticcera. Scaldate il latte e spegnete quando accenna a bollire. Mettete a scaldare la pentola con l’acqua che servirà da bagnomaria per cuocere la crema. Nella pentola dove invece cuoceremo la crema mettete i tuorli, lo zucchero e la farina setacciata; con una frusta amalgamateli energicamente e incorporate il latte versato a filo, continuando a mescolare. Passate nel bagnomaria a fuoco dolcissimo. Tagliare il limone a tre quarti, infilzarlo su un forchettone e con questo girare la crema mentre cuoce.

Girate sempre nello stesso verso, senza mai fermarvi per almeno 15 minuti e comunque fino a quando non avrà raggiunto la densità desiderata. Spegnete, aggiungete il burro e incorporatelo con la frusta. Lasciate raffreddare girando di tanto in tanto. Sistemate la crema in un sàc-a-poche e tenetela in frigo fino al momento dell’utilizzo.

Completate il babà. Scolate dal piatto lo sciroppo che sarà colato dal babà. Irroratelo con il mistrà, pennellatelo con del miele precedentemente riscaldato su fuoco lentissimo, decorate con ciuffi di crema pasticcera e completate con le fragoline.

Buon appetito!

babà al miele e mistrà 1

NEOPOLITAN BABA’ WITH HONEY AND DISTILLED ANIS (making a 20cm round mold plus 6 individual babà)

for babà:

  • 280 g di bread flour (Manitoba)
  • 3 large whole eggs
  • 100 g butter, melted and cooled plus more at room temperature for molds
  • 90 g fresh whole milk
  • 20 gr anis infused honey
  • 50 g sourdough refreshed and mature
  • 10 gr fresh yeast
  • ½ teaspoon salt

for the syrup:

  • 1 lt water
  • 300 gr anis infused honey

for the cream:

  • 250 ml fresh whole milk
  • 2 egg yolks
  • 2 heaping tablespoons white cane sugar
  • 2 level tablespoons flour
  • 1 organic lemon
  • 30 g butter

to complete babà:

  • 5 tablespoons distilled anis
  • fresh strawberries
  • anis infused honey

First proofing

In a bowl whisk 120 gr of flour, an egg, sourdough, honey and 30 gr warm milk. Knead then cover with a dump cloth until doubled (it took me 6 hours).

Second proofing

Pour in another bowl the remaining flour (160 g), add the doubled flour mixture and the eggs, one at a time, beeing sure they are well incorporated before next addiction. Knead vigorously for 10 minutes adding milk, one tablespoon at a time.

Pour melted butter in a thin stream. In a cup mix together fresh yeast and salt until you get a creamy mixture; beat until incorporated to the flour mixture. Work by hands for 5 minutes, at this point the dough should start pulling away from the sides of the bowl.

Turn out on a marble work surface and start kneading vigorously making some s&f (stretch and fold) for 15/20 minutes. This phase is very important becouse allows you to get a spongy, wet and soft babà.

Dough is ready when it starts to pull away from your hands and once folded it keeps a round shape; you should also been able to see bubbles.

Butter babà molds and palce them on a rimmed baking sheet. Get 11 balls out of the dough and place 5 of them in the round mold and the other in the individual baba molds. The dough should fill each halfway.

Leave rising in a warm place (i.e. in the oven with light on)  until dough reaches 2-cm above tops of individual molds. It took me 3 1/2 hours.

As regarding the round mold, dough should triple even if not reaching its top.

Preheat the oven to 200°C, bake and low to 180°C and cook for 20 minutes covering with aluminium foil after the first 10 minutes.

Remove from the oven and leave to cool for 10 minutes then turn out gently the babà by keeping the mold with a hand and twisting with the other. Transfer in a bowl.

Make the syrup. In a large pot pour water and add honey, simmer for 10 minutes. Turn off the heat, let cool until warm then pour over warm babà. Every 15/20 minutes, using a ladle, pick up the syrup at the base of the babà and pour over again. Go on this way until the babà is wet and has completely absorbed the syrup. Transfer on a serving plate. For individual babà use a slotted spoon to drop two of them at a time into the syrup, submerging completely; let soak until no more bubbles appears .

Make the cream . In a small pan heat milk. Put another pot on fire and fill with water (this will serve for bain-marie cooking). In a smaller pot beat eggs with sugar and add sifted flour; whisk pouring hot milk at thin stream. Place on the bigger pot , low heat. Take a quarter out of the lemon and stick into a fork. Use the lemon to stir the cream until it starts to thick. Turn off the heat and combine the butter. Let cool before transfering in a piping bag and keep in the fridge until use.

Serving the babà. Drain babà from the syrup, sprinkle with distilled anis, brush gently with warm honey; decorate with cream and fresh strawberries and serve straight away or keep in a dry place.

***

Con questa ricetta partecipo all’Mtchallenge di Maggio e dedico il mio babà ad Alessandra e ad Antonietta del blog La Trappola Golosa.

FOTORICETTA

Mando altresì la ricetta a Sandra (che questo mese ospita) e a Barbara per la raccolta Panissimo di Maggio

nuovo italia

Passatelli asciutti allo zafferano con Prosciutto di Parma e verdurine fresche dell’orto

passatelli allo zafferano con prosciutto e verdurine fresche dell'orto

(scroll down for english version)

Faenza-Lucca-Camaiore-Pisa-Faenza-Fabriano-Faenza-Bologna-Barcellona-Bologna-Faenza-Fabriano-PortoSant’Elpidio-Fabriano-Faenza…..non male vero come andirivieni consumato in poco più di due settimane! Sono sfinita…le valigie un brutto incubo ma sempre a portata di mano (venerdì si riparte!). Anche la piccola pulce, abituata a percorrere l’Italia in lungo e in largo, ha cominciato a manifestare i primi segnali di cedimento…lettino con spondine, lettino basso senza sponda, lettone di mamma&papà, divano-letto, lettone della zia …

Mi sto dividendo tra due case senza capirci molto…te ne stai tranquilla nell’orto a raccogliere carciofi quando ti rendi conto che devi andare in banca e che ce l’hai a soli 200 km di distanza! Poi giunta alla meta e sbrigato il da fare scopri che hai finito le ore mensili di asilo nido e realizzi che è forse meglio tornare in campagna con i nonni a portata di mano…che un’uscita da sola al supermercato o un caffè con una vecchia amica te li concedono!

I miei attrezzi di cucina e le mie pirofile sono oramai anch’essi divisi tra le due case (nonostante i molti doppioni)…il problema è che quando ne cerco uno disperatamente questo è nel posto sbagliato. Mi sarebbe dispiaciuto dover rinunciare ai passatelli ma per fortuna questa volta è andata bene.

Questo piatto è stato pensato per il primo contest delle Bloggalline  in collaborazione con INformaCIBO il portale web del Gusto e con il patrocinio di Milano Expo 2015. Ci è stato chiesto di preparare un piatto che fosse espressione dell’eccellenza italiana o della sua forte tradizione…un piatto legato ad un territorio o ad un ingrediente particolare, il pane della nostra infanzia, la ricetta della nonna che custodiamo così gelosamente.

Mi sono fatta ispirare dalla tradizione della regione che oramai mi ospita da qualche anno, l’Emilia-Romagna, proponendo un classico piatto di passatelli. Se d’inverno si consumano rigorosamente in brodo, ora che le temperature stanno velocemente (e finalmente) salendo, molte persone li apprezzano in versione asciutta.

passatelli allo zafferano con prosciutto e verdurine fresche dell'orto3

L’Emilia-Romagna è terra di grandi eccellenze gastronomiche come il Parmigiano Reggiano ed il Prosciutto di Parma che, oltre ad essere sponsor dell’iniziativa, sono i protagonisti di questo straordinario piatto.  La mia proposta vuole premiare un altro prodotto locale che ho scoperto lo scorso inverno, lo zafferano di Bagnara, nato grazie allo spirito imprenditoriale di Cristina che ha osato sfidare i consigli degli agronomi piantando il Crocus sativus nella bassa pianura faentina.

A completare questo piatto le verdurine fresche del mio orto (fave e piselli) e gli asparagi selvatici raccolti nei giorni scorsi nella mia campagna marchigiana.

Un passatello insolito, più rustico per via del pangrattato di farro e con l’aroma strepitoso del vero zafferano (non quello in bustina…costituito in buona parte da curcuma di dubbia provenienza).

passatelli allo zafferano con prosciutto e verdurine fresche dell'orto2

PASSATELLI ASCIUTTI ALLO ZAFFERANO DI BAGNARA con PROSCIUTTO DI PARMA, ASPARAGI SELVATICI E VERDURINE DELL’ORTO (per 4 persone)

per i passatelli:

  • 3 uova
  • 150 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato
  • 150 di pangrattato (per me di farro)
  • un cucchiaino di stimmi di zafferano di Bagnara

per il condimento:

  • uno scalogno
  • una manciata di pisellini freschi
  • 10 teghe di fave
  • un piccolo mazzo di asparagi selvatici
  • una fettina di Prosciutto di Parma
  • olio extravergine di oliva

In una ciotolina mettete lo zafferano a bagno per almeno 2 ore in un paio di cucchiai di acqua calda.

Preparate i passatelli seguendo il procedimento qui illustrato (omettendo la scorza di limone e la noce moscata ed unendo lo zafferano con tutto il liquido).

In un pentolino fate rosolare lo scalogno tritato nell’olio dopodiché unite gli asparagi mondati della parte legnosa e tagliati a pezzettini (lasciando le punte intatte), i pisellini e le fave sgusciate. Fate cuocere per pochi minuti fino a quando le verdure risulteranno tenere. Salate e pepate secondo il vostro gusto. In un altro pentolino fate rosolare (senza olio) il prosciutto tagliato a listarelle.

In una pentola capiente portate ad ebollizione dell’acqua, salatela e versatevi i passatelli; cuocete per pochi istanti scolandoli non appena saliranno a galla e versandoli immediatamente in una ciotola insieme al condimento. Mescolate con delicatezza per non romperli e servite nei piatti unendo le striscioline di prosciutto.

passatelli allo zafferano con prosciutto e verdurine fresche dell'orto4

SAFFRON PASSATELLI with PROSCIUTTO DI PARMA and FRESH VEGs FROM MY ORCHARD (serves 4)

for passatelli:

  • 3 eggs
  • 150 gr grated Parmigiano Reggiano cheese
  • 150 di breadcrumbs (mine from spelt bread)
  • 1 teaspoon saffron stigmas

for the sauce:

  • 1 shallot
  • 1 handful fresh peas
  • 10 broad bean pods
  • 1 small bunch wild asparagus
  • 1 3mm-thick slice Prosciutto di Parma
  • extravirgin olive oil

In a small bowl soak zafferano stigmas in warm water for at least 2 hours.

Make passatelli as reported here (omitting lemon zest and nutmeg and adding saffron together with water to the other ingredients).

In a small pan sauté shallot in oil before adding wild asparagus (trimmed of their woody ends and cut into pieces), peas and shelled brod beans. Cook for some minutes until tender. Season to taste. In another pan cook prosciutto (cut into small stripes) for a few seconds until crispy.

Fill a large pot with water and bring to a boil. Add salt and drop in passatelli. Cook for a few seconds until they start floating, drain and combine immediately with the sauce, stirring gently. Transfer in serving plates and top with crispy prosciutto stripes.

“Con questa ricetta, partecipo al contest : “La Cucina Italiana nel Mondo verso l’Expo 2015”, organizzato da Le Bloggalline, in collaborazione con INformaCIBO.

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Con questa ricetta partecipo anche al contest sulla Pasta Fresca de Il Goloso Mangiar sano

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La crema catalana…e la piccola pulce alla scoperta di Barcellona

crema catalana

(scroll down for english version)

A casa nostra le valigie sono sempre a portata di mano. Ognuno ha il suo trolley che funge praticamente da scendiletto e che a ritmo regolare viene riempito e vuotato di pigiama, vestiti, beautycase, caricatori, libri di cucina e giocattoli.

Il più simpatico è quello della pulce a forma di coccodrillo, con il quale è sbarcato la scorsa settimana in terra catalana.

Il mio primo ed unico sbarco a Barcellona risale invece al lontano 1993 in occasione della gita di fine anno della quinta D Ragioneria. Pochi e vaghi ricordi… la caotica rambla, il grande magazzino El Corte Englais, la partita di pallone del Barça all’ultimo anello dello stadio (come alternativa ad uno spettacolo di flamenco in compagnia del preside), un albergo modesto ed un cibo a dir poco orribile a base di puré in busta.

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Questa volta è stata diversa, complice la ristrutturazione obbligata dalle Olimpiadi che l’hanno trasformata e resa una delle città europee più ambite da giovani e famiglie, ma complice altresì una maturità da prossima (ahimè) quarantenne che mi ha fatto apprezzare aspetti del tutto trascurati in fase post-adolescenziale.

Dimenticatevi i weekend romantici da piccioncini e le uscite con gli amici a far baldoria…perché qui si è trattato di pianificare una vacanza a prova di due-enne.

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Voli con partenze/rientri ad orari accettabili, trasferimento in taxi dall’aeroporto (almeno all’andata) per evitare di incollarsi valigie, passeggino, bagagli a mano e peluche per qualche kilometro e sentirsi cento occhi addosso, appartamento (in centro…a El Born che poi si è rivelato il quartiere più cool della città) al posto dell’albergo per evitare di rinchiudere la pulce in una micro-stanza ma soprattutto per assecondare eventuali sue richieste di latte serali. Pranzi e cene ad orari consoni con le nostre abitudini (tanto per fortuna ci sono sempre gli inglesi che si siedono a tavola prima di noi!), parco giochi e zoo al posto del Museo di Picasso. Non ci siamo fatti mancare nulla….persino un bagnetto al mare con tanto di primo nudo della stagione (chi mi segue in Instagram sa…). Se non per la fatica che abbiamo fatto, merita di essere ricordata anche la scarpinata in passeggino al Park Güell a vedere le creazioni di Gaudì approfittando di un lunghissimo pisolino pomeridiano della pulce.

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Se dovessi dirvi le cose che più mi hanno colpito inizierei con la presenza di polizia praticamente ovunque…pattuglie, furgoni anti-sommossa, poliziotti a cavallo e persino in bici e calzoni corti! Non vi nascondo che ciò ci ha fatto sentire protetti anche nei bui vicoletti de El Raval che in certi anfratti ci hanno ricordato i Quartieri Spagnoli di Napoli.

Un merito va anche agli architetti che si sono occupati dell’urbanistica della città e che l’hanno resa libera da barriere architettoniche, davvero noiose per chi scorrazza in passeggino o peggio ancora si muove in carrozzella.

A parte qualche piccola eccezione, abbiamo notato anche la pulizia (che nei quartieri poco turistici come il nostro dimostra il rispetto degli abitanti per la loro città)…uscendo da casa la mattina presto, più di una volta abbiamo dovuto fare la gincana tra li addetti intenti a pulire con l’idrante strade e stradine.

I trasporti sono efficienti e la metro fitta come a Milano…anche se noi non facciamo testo perché ci piace girare a piedi ed anche questa volta 7-8 km al giorno non ce li ha tolti nessuno.  Nonostante il caldo è comunque difficile affaticarsi perché ci sono ovunque luoghi verdi dove riposarsi, piazze alberate con fontane dove fare scorta di acqua  e soprattutto piccole aree gioco per i piccoli…che non potete immaginare quanto siano state utili!

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Se dovessi consigliarvi i luoghi e le cose da non perdere

(iniziamo con il cibo visto che siamo pur sempre in un blog di cucina)

–  tapas e cerveza…io prima di partire mi sono affidata ai consigli di un’amica spagnola conosciuta di recente ma ho notato che molti dei locali da lei suggeritimi sono segnalati nella guida pocket della Lonely Planet…le tapas andrebbero consumate come aperitivo ed accompagnate in alternativa da vermouth (un po’ più dolce del nostro) o da sangria…noi ci siamo fatti stuzzicare più di una volta dalla loro varietà ed abbiamo finito per pasteggiarci;

– buona anche la paella che però mi hanno consigliato di mangiare nella sua città di origine che è Valencia (sarebbe come mangiare gli spaghetti cacio e pepe a Venezia!); a Barcellona è diffusa la fideuà una specialità simile alla paella a base di pasta lunga (che però abbiamo evitato perchè l’effetto stracotto non ci piace),

– il pane ve lo fanno pagare e spesso vi portano pan con tomate cioè pane bruscato bagnato con pomodoro,

– prodotti del mare e della terra si fondono insieme in alcune ricette…se per mangiare pesce è consigliato addentrarsi nella Barceloneta, l’antico e suggestivo quartiere dei pescatori, la carne si trova un po’ ovunque; noi abbiamo mangiato un ottimo solomillo di vedella (lombo di manzo) con patas bravas (patate lesse ripassate in padella con paprika dolce) in un ristorantino vicino casa,

– piccoli supermercati si trovano ovunque però per un’esperienza visiva e sensoriale unica vi consiglio un giro al Mercat de la Boqueria il cui ingresso è lungo la Rambla…se vi addentrate durante le ore centrali della giornata farete fatica a camminare per quanta gente del luogo e turisti si ritrovino qui per mangiare, acquistare un succo di frutta appena spremuto con frutta tropicale ai più sconosciuta o semplicemente per fotografare banchi traboccanti di pesce, frutta, peperoncini e spezie!!

– visto che l’abbiamo nominata la Rambla è sempre la Rambla però a mio dire non ha nulla di speciale…se poi vi convincete a passeggiare lungo questo viale alberato (con un’aria oltremodo irrespirabile visto il caotico traffico cittadino ai lati) durante la tarda mattina o il primo pomeriggio vi ritroverete in un fiume di persone che spingono, si accostano (obbligandovi a tenere le borse strette) e tentano di vendervi di tutto…piuttosto arrivate in fondo, attraversate la strada e percorrete la Rambla del Mar…qui riuscirete a godervi il sole, il mare ed a recuperare le forze per la successiva escursione,

– dedicate se riuscite una giornata alla Ribera ed in particolare a El Born…le sue piazze e viuzze costituivano il centro nevralgico della città nel Medioevo e negli ultimi tempi, dopo decenni di degrado, sono state valorizzate e ripulite…perdetevi nelle botteghe ricolme di spezie e decine di barattoli di olive (mai viste così tante!), nei negozi di giovani artisti che realizzano vestiti e gioielli, passeggiate lungo il Passeig del Born prima di far visita alla Eglésia de Santa Maria del Mar. Visitate il Museu Picasso (che noi per ovvie ragioni non abbiamo visto) e gli scavi della Barcellona del 1700 prima di spostarvi al Parc de la Ciutadella e, se avete bimbi al seguito, all’attiguo Zoo che si estende su una superficie di 13 ettari.

– non perdetevi il lungomare della Barceloneta…le spiagge sono meglio attrezzate di quella di Rimini ed hanno alle spalle una lunga passeggiata adornata di palme che vi conduce dal cuore del vecchio villaggio di pescatori sino al Port Olimpic. Sculture d’avanguardia, parchi, locali frequentati fino a notte fonda (per chi se lo può permettere!),

– visitare Barcellona vuol dire ammirare anche le stravaganti opere di Gaudì al Park Güell oppure lungo il Passeig de Gràcia (Casa Batllò e La Pedrera la cui facciata è attualmente in restauro) e gli edifici in gotico catalano (La Catedral, il Museu Picasso, l’Eglésia de Santa Maria del Mar) che si distinguono dalle costruzioni dello stesso periodo presenti nel resto d’Europa per i decori più misurati e per la predilezione per l’ampiezza rispetto all’altezza,

– simbolo di Barcellona, nonchè attrazione turistica più visitata dell’intera Spagna, è la Sagrada Familia edificio unico nel suo genere e cantiere aperto da più di un secolo. Gaudì ne iniziò la costruzione agli inizi del 1900 ed il ricco simbolismo che la contraddistingue sia all’esterno che all’interno rappresenterebbe l’espiazione dei peccati di modernità della città. Non siamo entrati perchè la fila alla biglietteria era troppo lunga anche se poi abbiamo scoperto che i biglietti potevano essere comprati in anticipo.

Ci sarebbero state tante altre attrazioni da visitare a partire da Plaza de España e le sue fontane pirotecniche ma l’aereo di ritorno ci aspettava. Torneremo presto…

***

Quale occasione migliore per proporvi la ricetta della crema catalana che rappresenta internazionalmente questa città e che costituisce una versione più delicata della créme brulée.

L’abbiamo mangiata in un paio di occasioni ma quella che vi propongo oggi ha decisamente una marcia in più.

Nulla di difficile…anzi a dirla tutta le dosi (che vengono da questo sito spagnolo) corrispondono a quelle della crema di mia suocera che mangiamo spesso la domenica sopra uno strato di savoiardi bagnati con caffè o archémes…la differenza (e che differenza) la fa la cannella che le conferisce un sapore unico. Provare per credere!

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LA CREMA CATALANA (dose per 6 cocottine piccole)

  • 500 ml di latte fresco intero
  • 125 gr di zucchero semolato (ma si potrebbe usare anche di canna)
  • scorza di mezzo limone biologico
  • una stecca di cannella (facoltativa ma vi consiglio vivamente di metterla)
  • 3 tuorli d’uovo
  • 40 gr di amido di mais
  • zucchero di canna per la crosticina

In una casseruola dal fondo spesso riscaldate 375 ml di latte con la scorza di limone, la cannella e la metà dello zucchero. Quando arriva a bollore spegnete.
In una ciotola sbattete i tuorli d’uovo con il restante zucchero, unite l’amido di mais e il restante latte  fino ad ottenere un composto senza grumi. Versatevi a filo il latte caldo e battete con una frusta per evitare che le uova straccino.

Riversate tutto il composto nella casseruola e ritornate su fuoco medio mescolando senza interruzione per evitare che attachi al fondo. Saranno necessari pochi minuti, quando la crema comincia ad ispessire spegnete ed allontanatevi dal fuoco.

Versare la crema nelle cocottine o stampi prescelti, fate intiepidire dopodiché coprite con pellicola (evita la formazione della crosticina) e trasferite in frigorifero per almeno 8 ore. Al momento di servire, spolverate la superficie delle cocottine con zucchero di canna e bruciate con un fornelletto oppure passate per qualche minuto sotto il grill del forno.

Servite subito.

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CREMA CATALANA (serves 6)

  • 500 ml fresh whole milk
  • 125 gr sugar (even white cane sugar)
  • rind from 1/2 organic lemon
  • cinnamon pod (optional but I suggest you not to omit)
  • 3 egg yolks
  • 40 gr corn starch
  • cane sugar for topping

In a heavy pan heat 375ml of milk, lemon rind, cinnamon pod and half the amount of sugar. When it comes to a boil turn off the heat.

Meanwhile in a bowl beat the egg yolks with the reserved sugar, combine the starch and the remaining milk with a wisk to avoid lumps. Pour in little by little the hot milk whisking thoroughly not to cook the eggs and having an omelette as a result.

Transfer again in the heavy pan setting on medium heat and stir continuously to avoid sticking. After a few minutes the mixture should start to thicken. Remove from the heat right away.

Pour the cream into individual dishes or ramekins, cover with cling film (to prevent a skin from forming) and let cool before placing into the fridge for at least 8 hours.

At serving time, remove the cling film, sprinkle the top of each ramekin with cane sugar and caramelise with a blowtorch or under the grill.

Serve immediately. 

Ravioli di borragine al burro, mentuccia e pinoli {erbe spontanee #3}

ravioli di borragine al burro, mentuccia e pinoli

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Se avete approfittato del tepore di questi primi giorni di primavera per uscire e passeggiare nella natura avrete sicuramente notato una pianta ‘pelosetta’ con dei meravigliosi fiori blu-violacei a forma di stella (buffo come per anni cammini senza chiederti dove stai per mettere i piedi e poi tutto insieme vorresti conoscere vita, morte e miracoli della natura che ti circonda, delle piante che ti fanno ombra in queste tanto attese giornate di sole, dei fiori che hai sempre ammirato dalla finestra perché tanto c’era la suocera che li innaffiava, delle verdure che, crescendo a vista d’occhio, stanno riempiendo un orto che fino al mese scorso poteva vantare solo pochi ciuffi di spinacio, bietola e cicoria).

Quella pianta è la borragine o borrago, originaria del Medio Oriente anche se diffusa oramai in tutto il mondo, che cresce fino a 1000mt di altitudine nei prati incolti, nei giardini, a ridosso di muretti di campagna abbandonati.

L’etimologia del suo nome è tuttora incerta. Secondo alcuni deriverebbe dall’arabo “abou = padre” e da “rash = sudore” cioè “padre del sudore” per via delle sue proprietà sudorifere. Altri suppongono invece che derivi dal latino “borra = tessuto di lana ruvida” per via dei peli che ricoprono lo stelo e le foglie della pianta. Vi sono poi coloro che sostengono l’origine celtica del nome (“barrach = uomo coraggioso”) in quanto i guerrieri di questo popolo, prima di affrontare una battaglia, erano soliti bere il vino nel quale era stata infusa la borragine, credendo che desse loro coraggio.

ravioli di borragine al burro, mentuccia e pinoli (7)

Le foglie hanno colore verde scuro, forma ovale e margini ondulati e sono ricoperte da una densa peluria che, piacevole nelle foglie più piccole per l’effetto vellutato che conferisce loro, diviene  fastidiosa quando la pianta è oramai cresciuta e raggiunge un’altezza superiore a 40-50 cm.

Raccogliendo i semi che maturano da luglio ad ottobre, la borragine può essere seminata (in primavera) direttamente in giardino, nell’orto o in grandi vasi in terrazza propagandosi da sola da un anno all’altro.

E’ tra le erbe spontanee più utilizzate in cucina richiamando le sue foglie il sapore del cetriolo. In inverno o all’inizio della primavera le foglioline possono essere consumate crude (ed unite ad esempio all’insalata), più avanti nella stagione è necessario invece bollirle per pochi minuti in acqua per eliminare la fastidiosa peluria. Posso costituire il ripieno di ravioli oppure arricchire risotti, frittategnocchi. Mia suocera mi ha raccontato che quando era piccola una signora del paese era solita preparare e regalare ai bambini delle squisite frittelle (a volte dolci, altre salate se era finito lo zucchero) fatte con le foglie di borragine in pastella (proverò sicuramente il prossimo inverno quando le piante saranno nate da poco e le foglie risulteranno più tenere).

Importante sottolineare che questa pianta va consumata, preferibilmente cotta, con moderazione in quanto contiene alcaloidi che potrebbero danneggiare gravemente il fegato; è altresì sconsigliata in gravidanza e durante l’allattamento. Un piatto di borragine ogni tanto non ha mai fatto male a nessuno!

A pochi passi da casa, in quella che mi piace chiamare ‘la via degli orti’ (perché disseminata di piccole coltivazioni per uso esclusivamente casalingo) ho scovato due grandi piante di borragine e, armata di cestino, fornici e guanti, in pochi minuti mi sono appropriata di un bel fascetto di verdura.

Approfittando del ritorno di mio cognata per il ponte, ho spedito la pulce al piano di sotto ed ho deciso che, avendo un po’ di tempo tutto per me, invece della manicure avrei fatto i ravioli.

Ho voluto una sfoglia rustica che ho ottenuto miscelando la semola con farina integrale e farina di mais. Con le dosi che trovate nella ricetta ho ottenuto 65 ravioli (poi non dite che non sono precisa!) che potrebbero equivale a 5/6 porzioni ma è tutto relativo perché dipende da quanto appetito avete e se mangiate altro dopo il primo…poi, avendo terminato il ripieno, ho preparato 140 gr di quadrucci all’uovo che ho congelato (insieme a parte dei ravioli) e che gusteremo in un’altra occasione.

Per il condimento devo ringraziare Tommaso che mi segue in Instagram e che da ligure doc mi ha suggerito di accompagnare i ravioli con burro, salvia e pinoli. Volendo però una nota più personale ho sostituito la salvia con la mentuccia che cresce abbondante e, anch’essa spontanea, nel retro della mia casa.

Questi ravioli avevano un sapore strepitoso…credo tanto che diventerò una consumatrice entusiasta (anche se moderata) di borragine.

Con questa ricetta partecipo alla raccolta ‘Pasta che ti passa’ della mia amica Sandra e di Gaia che ci hanno sfidato chiedendoci di preparare un piatto di pasta fresca per 4 persone con una spesa inferiore a € 5 (e fin qui abbastanza semplice)…dimenticandoci della farina raffinata cioè la 00 (che visto il nome ha più poche qualità nutritive e benefiche da offrirci) ed utilizzando le mie amate ‘farine speciali’…integrale, di farro, di ceci, di mais, d’orzo, di lenticchie, mandorle, segale, avena etc…

Prova 6-1

Nel mio caso la spesa ammonta a € 5,11 (ci credete che sono andata al super con carta e penna per controllare alcuni prezzi tipo quelli delle uova che non compro più da mesi?) però tenendo conto che con la dose di pasta indicata ho ricavato più di 4 porzioni e che è avanzato dell’impasto per fare i quadrucci ritengo la missione compiuta!

Con questa ricetta partecipo anche al contest sulla Pasta Fresca de Il Goloso Mangiar sano

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RAVIOLI DI BORRAGINE E RICOTTA AL BURRO, MENTUCCIA E PINOLI (per 65 ravioli = 5/6 persone)

per la sfoglia (65 ravioli + 140 gr di quadrucci):

  • 100 gr di farina integrale (€ 0,15)
  • 100 gr di farina di mais fine (€ 0,08)
  • 100 gr di semola di grano duro (0,13)
  • 3 uova (io utilizzo quelle delle mie gallinelle altrimenti € 0,75)
  • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva (per me di casa altrimenti € 0,05)
  • un pizzico di sale
  • acqua q.b.

per il ripieno:

  • 100 gr di foglie di borragine mondate e lavate (che corrispondo a 150 gr bollite)…ce le regala madre natura
  • 30 gr di parmigiano reggiano grattugiato (€ 0,45 scegliendo un parmigiano da € 15/kg)
  • 1 tuorlo (€ 0,25 … l’albume lo ricicliamo)
  • sale
  • 250 gr di ricotta di pecora (l’ho pagata € 7/kg pertanto € 1,75)

per il condimento:

  • burro (€ 0,75)
  • qualche fogliolina di mentuccia
  • pinoli (€ 0,80)

Pulite la borragine scegliendo solo le foglie più tenere. Bollitele per pochi minuti in acqua bollente salata quindi scolatela e mettetela in una ciotola con acqua e ghiaccio (per conservare il colore). Scolate nuovamente e tenete da parte.

Preparate la pasta all’uovo. In una ciotola o sulla spianatoia mescolate le tre farine dopodiché unite le uova e l’olio; aggiungete tanta acqua quanto basta per ottenere un impasto omogeneo (no liscio perché le farine le conferiranno un aspetto rustico). Avvolgete con la pellicola e mettere in frigorifero a rassodare.

Preparate nel frattempo il ripieno. Tritate la borragine con un coltello ed unitevi la ricotta, il parmigiano grattugiato, il tuorlo ed il sale. Mescolate.

Preparate i ravioli. Io ho utilizzato la macchina per la pasta…ma nulla vi vieta di andare di mattarello. Ho preparato una sfoglia alla volta (stendendo fino al penultimo spessore) spolverandola generosamente di semola, dopodiché ho posizionato al centro di ognuna tante piccole palline di ripieno (grosse all’incirca come noci moscate) ed ho ripiegato la sfoglia su se stessa dopo aver inumidito i bordi con un po’ di acqua. Ho fatto quindi una leggera pressione con i polpastrelli intorno al ripieno, partendo dagli esterni ed andando verso il centro, in modo da far uscire l’aria e sigillare poi ho tagliato i ravioli con un piccolo coppapasta ondulato.

A mano a mano che preparate i ravioli spolverateli generosamente di semola e poneteli su una tovaglia pulita ad ‘asciugare’.

A questo punto potete congelare i ravioli disponendoli ben distanziati su un vassoio, quando saranno fermi potete rimuoverli dal vassoio, trasferirli in un sacchetto per congelatore e riporli di nuovo dentro. Altrimenti procedete con la preparazione del condimento.

Condimento. In un pentolino sciogliete del burro ed unitevi delle foglie di mentuccia precedentemente lavate ed asciugate. Fate appassire per qualche minuto. Tostate i pinoli in un altro pentolino.

Cuocete i ravioli in abbondante acqua salata dopodiché conditeli con il burro ed i pinoli (evitate di rimestarli con un cucchiaio per non romperli…io li ho fatti saltare nella casseruola dove ho sciolto il burro).

Non mi resta che augurarvi buon appetito!

BORAGE AND RICOTTA RAVIOLI WITH BUTTER, WILD MINT AND PINENUTS (serve 5-6)

for the eggpasta (65 ravioli + 140 gr quadrucci pasta):

  • 100 gr wholewheat flour
  • 100 gr corn flour
  • 100 gr duram wheat semolina
  • 3 eggs
  • 1 tablespoon extravirgin olive oil
  • pinch of salt
  • water

for the stuffing:

  • 100 gr washed and treamed borage leaves (or 150 gr boiled)
  • 30 gr grated parmigiano reggiano cheese
  • 1 egg yolk
  • salt
  • 250 gr fresh ricotta cheese

for the sauce:

  • butter
  • wild mint
  • pinenuts

Clean borage selecting only tender leavesDrop for a few minutes in boiling salted water then drain and place in a bowl with ice and water (to preserve their color). Drain again and set aside.

Prepare the pasta. In a bowl or on a work surface mix the three flours then add the eggs and the oil; at this point add enough water to obtain a homogeneous mixture. Wrap with cling film and place in refrigerator.

Prepare the stuffing in the meantime. Chop borage with a knife and join the ricotta, the parmesan cheese, the egg yolk and the salt. Stir.

Prepare ravioli. I used the pasta machine but nothing wrong in proceeding with a rolling pin. I took a bit of dough at a time rolling it out into a long layer of pasta and dusting it generously with semolina I placed in the center a small piece of stuffing (as big as a nutmeg) and I folded the dough over itself after having moistened edges with water. I made a slight pressure with my fingertips around the filling, starting from the outer sides towards the center, so as to let the air out and seal then I cut the ravioli with a small round pastry cutter.

As you prepare ravioli remind to sprinkle generously with semolina and place them on a clean cloth to dry’.

At this point you can freeze the ravioli by placing them well apart on a tray; when they have chilled remove from the tray and transfer in a freezer bag. Otherwise, proceed with the preparation of the sauce.

Seasoning. In a small saucepan, melt the butter then add the wild mint leaves. Sauté for a few minutes. Toast the pinenuts in a small saucepan.

Cook the ravioli in salted water then toss with the butter and pine nuts avoiding to stir with a fork or a spoon not to smash the ravioli.

Bon appetit!

***

Con questa ricetta partecipo alla raccolta di Maggio-Giugno ‘L’orto in tavola’ del blog Oggipanesalamedomani

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Il riciclo di Pasqua: Pastiera muffins {e la mia prima intervista}

pastiera muffins

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Il web in questi giorni è tutto un fermento di idee su come riciclare la cioccolata delle uova di Pasqua; in compenso, in attesa di capire se dovrò cimentarmi anche io con qualche ricetta cioccolatosa oppure se sera dopo sera, pezzettino dopo pezzettino, saremo in grado di far fuori la nostra piccola scorta,  mi sono dovuta ingegnare per utilizzare il ripieno della pastiera avanzato la scorsa settimana.

Essendo riciclona fin nel midollo non potevo certo buttare tutto quel ben di dio nel cestino ed allora…dopo lo stazionamento di un paio di giorni in freezer…è scattata l’idea muffins.

Ricetta semplicissima, banalissima quanto sorprendente se amate la pastiera ed il suo succulento ripieno. Non ho dovuto far altro che aggiungere un po’ di farina e lievito per veder sfornati questi gustosi dolcetti da colazione…

Prima di salutarvi me la tiro un po’ dicendovi che nei giorni scorsi ho rilasciato la mia prima intervista (?) a Tribù Golosa…se avete voglia di scoprire qualcosa in più su di me potete leggerla qui.

Buona domenica!

PASTIERA MUFFINS (per 6 dolcetti)

Riscaldate il forno a 180°C.

Setacciate la farina con il lievito ed unitela al ripieno avanzato dalla preparazione della pastiera. Sistemate nei pirottini da muffins ed infornate per 25-30 minuti.

Tutto qui!

PASTIERA MUFFINS (makes 6 pieces)

Preheat the oven to 180°C.

Sift flour and baking powder and combine with pastiera filling leftover. Transfer in muffin tins and bake for 25-30 minutes. That’s all!

pastiera muffins

La coratella d’agnello (della mia mamma) per l’MtChallenge #38

coratella

(scroll down for english version)

Ci sono ricette che dividono. Come questa.

Se c’è un piatto che non mangerei nemmeno sotto tortura è quello che vedete nella foto…però….al maritino piace (e assai) e per farlo contento mi tocca chiedere alla mamma o alla suocera di prepararlo, normalmente a ridosso della Pasqua, per poi farlo magicamente apparire sulla nostra tavola.

Se il nome coratella non vi suggerisce nulla vi dico che sono interiora di agnello (polmone, cuore, fegato, rognone) stufate in padella e condite con tanta cipolla e pomodoro nel mio caso oppure con un battuto di uovo nella tipica versione marchigiana. In realtà ogni regione del centro Italia rivendica la sua ricetta un po’ come per la pizza di formaggio con la quale (dicono) si accompagnino perfettamente.

Le interiora e frattaglie costituiscono quello che a Roma viene definito ‘quinto quarto’ perchè di fatto è ciò che avanza dai tagli della macellazione, detti anche quarti.  Avete mai sentito parlare di coda alla vaccinara, animelle fritte, pajata, trippa? Beh siamo in questo universo gastronomico alquanto insolito e, ciò nonostante, ricco di estimatori.

Cristiana di Beuf à la mode, la vincitrice di marzo dell’MtChallenge, questo mese ci ha voluto mettere alla prova proprio con il quinto quarto a lei tanto caro e che descrive con queste parole…

FOTORICETTAPenso alle donne, alle mogli degli scortichini o dei vaccinari, che invece di ricevere una vera busta paga si ritrovavano con involti zeppi di orecchie, code, musetti, intestini e zampetti…voi cosa avreste fatto? Fossi stata al posto loro probabilmente avrei lanciato un urlo e gettato tutto in faccia al consorte! Fortunatamente necessità fa virtù e quelli che potevano essere considerati scarti si trasformarono in piatti articolati e apprezzati. Ricette in cui si ritrovano tante storie, tanti vissuti, ricette che racchiudono la magia della mia città, città abituata ad accogliere e a rubare il meglio da chi vi transita.
Il quinto quarto per me racchiude tutto questo: la sapienza femminile nella capacità di rendere appetitoso ciò che viene considerato scarto, rispetto (e qui verrà giù il mondo) per l’animale: nel momento in cui decido di cibarmene non butto via nulla, lo spezzare la catena che ci porta a mangiare sempre le stesse cose…

Il mese scorso ho dovuto rinunciare alla prova soufflè per troppi impegni…questo, sono stata seriamente tentata di bissare l’assenza poi ho cercato un po’ di coraggio.

Coraggio che è praticamente svanito appena avanti il reparto macelleria del supermercato. Non ce l’ho fatta a comprare quell’agnellino con tutte le sue interiora ed allora ho chiesto alla mia mamma se poteva cucinarmele lei. Detto, fatto. Me la son vista arrivare con una ciotolina che, dopo una piccolissima variazione (e qualche foto), è diventata la cena di mio marito.

Ho voluto infatti azzardare mescolandola con dei cubetti di feta prima di riscaldarla ben benino. La mamma mi fa ‘E’ un po’ dolce per via del pomodoro e delle cipolle…tante…che ho messo’ ed allora io, senza assaggiarla s’intende, ho pensato di smorzare la sua dolcezza con la nota sapida della feta, che con il calore del fuoco si ammorbidisce leggermente.

E’ stato un piacere vedere mio marito fare la scarpetta con le focaccine alla feta e semi di finocchio (con lievito madre) che avevo preparato nel primo pomeriggio e riscaldato subito prima di sederci a tavola. Magari vi racconto la loro storia un’altra volta…

CORATELLA D’AGNELLO DELLA MIA MAMMA (per 3/4 persone)

  • una coratella di agnello (abbacchio) di 700/800 gr
  • 3 cipolle
  • passata di pomodoro
  • olio extravergine di oliva
  • peperoncino
  • 1 spicchio di aglio
  • un bicchiere di vino bianco secco
  • paprika dolce
  • 30-40 gr di feta

Lavate la coratella in acqua corrente e poi tamponatela con un panno da cucina, tagliate a pezzi i vari organi che la compongono, tenendoli però separati.

Portate ad ebollizione dell’acqua in un pentolino e versateci il polmone; spegnete subito il fuoco e lasciatelo a bagno per 5-6 minuti dopodiché scolatelo (questo passaggio serve per farlo restare duro).

Tagliate sottilmente le cipolle e soffriggetele in una padella capiente nell’olio extravergine insieme ad uno spicchio di aglio. Appena saranno leggermente rosolate aggiungetevi i pezzi di coratella, avendo cura di iniziare con il polmone poi dopo qualche minuto il cuore, eventuali budelli e per ultimo il fegato e la milza.

Salate, pepate e sfumate con del vino bianco secco. Quando sarà evaporato unite la passata di pomodoro e la paprika. Ultimate la cottura (ci vorranno in tutto 45 minuti circa) a padella coperta unendo la feta poco prima di spegnere il fuoco.

Servite calda con del pane per l’irrinunciabile scarpetta.

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***

MY MUM’S LAMB CORATELLA (OFFAL) (serves 3/4 people)

  • 700/800 gr young lamb offal (liver, kidney, lungs, heart)
  • 3 onions
  • tomato sauce
  • extravirgin olive oil
  • chilly
  • 1 clove garlic
  • glass of dry white wine
  • paprika
  • 30-40 gr feta cheese

Wash the offal in running water then dab it with a kitchen towel, cut into pieces the various organs, keeping them separate.

In a small pot bring water to a boil and pour in the lungs; turn off immediately the heat and leave to soak for 5-6 minutes then drain (this step is needed to harden the lung).

Cut finely the onions and sauté in a large skillet in olive oil along with a clove of garlic. When they turn lightly brown add the pieces of offal, taking care to start with the lung then adding after a few minutes the heart, casings and finally the liver and spleen.

Season to taste with salt and pepper and pour in the white wine. When evaporated, add the tomato sauce and the paprika. Finish cooking in covered pan (it will take around 45 minutes) adding the feta cheese during the last minutes.

Serve hot with bread and enjoy scarpetta (which means moping up the sauce from the plate with a piece of bread).

La pastiera di Pattipatti…in ritardissima!

pastiera

(scroll down for english version)

“Currite, giuvinò! Ce stà ‘a pastiera!”
E’ nu sciore ca sboccia a primmavera,
e con inimitabile fragranza
soddisfa primm ‘o naso,e dopp’a panza.
Pasqua senza pastiera niente vale:
è ‘a Vigilia senz’albero ‘e Natale,
è comm ‘o Ferragosto senza sole.
Guagliò,chest’è ‘a pastiera.Chi ne vuole?
Ll’ ingrediente so’ buone e genuine:
ova,ricotta,zucchero e farina
(e’ oggranofiori
arricchisce e moltiplica i sapori).
‘E ttruove facilmente a tutte parte:
ma quanno i’ à fà l’imposto,ce vò ll’arte!
A Napule Partenope,’a sirena,
c’a pastiera faceva pranzo e cena.
Il suo grande segreto ‘o ssai qual’è?
Stu dolce pò ghì pure annanz’ o Rre.
E difatti ce jette. Alludo a quando
il grande Re Borbone Ferdinando
fece nu’ monumento alla pastiera,
perchè facette ridere ‘a mugliera.
Mò tiene voglia e ne pruvà na’ fetta?
Fattèlla: ccà ce stà pur’ a ricetta.

(dal sito ufficiale della pastiera)

Avrei dovuto regalarvi questa ricetta la settimana scorsa ma non ce l’ho fatta ed allora recupero in extremis immaginando che le festività pasquali si siano protratte ancora per un po’…

Quest’anno la protagonista della nostra tavola delle feste è stata lei…la pastiera. Ma non per mia scelta perché se non fosse stato per mia sorella, che fresca di compleanno mi ha supplicato di farle questo dolce, io sarei andata decisamente per una millefoglie o una cheesecake.

Il messaggio che ho trovato in Whatsapp recitava così…‘sono in un bar e mi sto gustando una pastiera fantastica…ma tipo…non te la potrei commissionare per pasqua o mio compleanno? Io l’adoro…con pochi canditi però…e non ho tempo per farla…questa qui è buonissima poco grano e tanta cannella’.

Ho cercato un po’ in rete alla ricerca della ricetta più vicina alle Sue richieste poi ho visto questa di PattiPatti ed ho preparato la lista della spesa. PattiPatti (Patrizia per l’anagrafe) l’ho conosciuta a Tuscania, è un vulcano di energia e simpatia ed orgogliosa testimone della cucina campana.

Patti…se la sono spazzolata tutta snobbando di brutto la colomba! Alla faccia del ‘sono pieno, non ce la faccio più!’…per fortuna ne ho fatta una grande, recapitata con la stessa attenzione con la quale avrei maneggiato un vaso di cristallo per non vederla sbriciolarsi in mille pezzi prima di raggiungere la casa di mia mamma…ed una piccina, che ha allietato le nostre colazioni pasquali (mi scusino i puristi della tradizione ma io la pizza di formaggio con salame e frittata la mattina non riesco proprio a mangiarla!!!).

Ho apportato però tre piccole varianti:

– non ho frullato il grano perché non sono riuscita a trovare il passaverdure…

– ho aggiunto la cannella tanto amata dalla sorellona…

– (qui chiedo davvero perdono) non ho messo l’acqua di fiori d’arancio perché dopo averla cercata ovunque ho rinunciato (e la fialetta con aroma di arancia sarebbe stato un insulto!)

A voi lascio comunque la ricetta fedele di PattiPatti!!!

Facendone una grande ed una piccina mi sono avanzate sia frolla che ripieno….la prima è in freezer e molto probabilmente si trasformerà presto in crostata, il ripieno è stato riciclato…e vi mostrerò come in una delle prossime ricette.

Vi lascio con qualche nota sulla storia di questo dolce…se invece, non satolli a sufficienza dei pranzi pasquali, vi è venuta voglia di farla siete autorizzati a passare direttamente più sotto…

Vi sono evidenze storiche che dimostrano che la pastiera, seppur in forma rudimentale, accompagnò le feste pagane celebranti il ritorno della primavera, e che vedevano le sacerdotesse di Cerere portare in processione l’uovo, simbolo di una nuova vita. L’utilizzo del grano o del farro, misto alla morbida crema di ricotta, potrebbe invece derivare dal pane di farro onnipresente nelle nozze romane, conosciute anche con il  nome di “confarratio”. Un’ulteriore ipotesi la fa risalire alle focacce rituali che si diffusero all’epoca di Costantino il Grande, che i catecumeni ricevevano nella notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale.

La leggenda narra invece che 7 belle fanciulle portarono in dono alla sirena Partenope, grano, ricotta, uova, fiori d’arancio, farina, spezie e zucchero, per ringraziarla del canto soave che accompagnava i napoletani ogni primavera. La sirena depose questi doni ai piedi degli dei, che li impastarono, facendo nascere la pastiera. (grazie per questa nota a Paola)

La pastiera come la conosciamo oggi fu probabilmente inventata nel segreto di un monastero napoletano. Una suora volle che in quel dolce, simbologia della Resurrezione, si unisse il profumo dei fiori dell’arancio coltivati nel giardino del convento. Alla candida ricotta mescolò una manciata di grano, che sepolto nella terra germoglia e risorge splendente come oro, aggiunse poi le uova, simbolo di nuova vita, il cedro candito e le spezie arrivate dall’Asia.

È certo che le suore dell’antichissimo convento di San Gregorio Armeno fossero maestre nella complessa preparazione della pastiera, e nel periodo pasquale ne confezionavano in gran numero per poi distribuirle nelle mense delle dimore patrizie e della ricca borghesia.

Si racconta altresì che Maria Cristina di Savoia, figlia di Maria Teresa D’Austria, consorte del re Ferdinando II° di Borbone, soprannominata dai soldati “la Regina che non sorride mai”, cedette alle insistenze del marito, famoso per la sua ghiottoneria, ed assaggiò una fetta di pastiera non potendo far a meno di sorridere. Si racconta inoltre che a questo punto il Re esclamò: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”.

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PASTIERA NAPOLETANA DI PATTIPATTI (per due pastiere da 26 cm di diametro)

Frolla:

  • 500gr di farina
  • 180gr di burro
  • 400 gr di zucchero
  • 3 uova
  • i semini di 1/2 bacca di vaniglia
  • la scorza di 1/2 limone grattugiata
  • 1 pizzico di sale

Ripieno:

  • 500 gr di grano cotto
  • 500gr  di ricotta romana freschissima
  • 5  uova
  • 500gr di zucchero
  • 350gr di latte
  • la scorza di 1/2 limone
  • aroma fiori d’arancia
  • 100 gr di gocce di cioccolato
  • un cucchiaio di cannella in polvere (mia aggiunta)
  • 1 pezzetto di burro
  • 50 gr di canditi (per me solo arancio)
  • 1/2 stecca di vaniglia

Preparate la frolla sbriciolando il burro con la farina, aggiungete lo zucchero, i semini della vaniglia, la scorza del limone grattugiata e il pizzico di sale. Disponete questo composto a fontana sulla spianatoia e incorporate con una forchetta le uova al centro una per volta. Lavorate velocemente fino ad avere un panetto liscio e sodo. Copritelo con una pellicola e mettete in freezer.

Procedete con il ripieno: cuocete in un tegame antiaderente il grano, con il latte, la buccia del limone tagliata con il pelapatate, la stecca di vaniglia e una noce di burro, per 1 ora, facendo attenzione che non si attacchi al fondo (basta un attimo di distrazione). Farlo raffreddare, eliminare la vaniglia e le bucce del limone e passarlo con un passalegumi tutto, tranne un cucchiaio (come da tradizione di Patti). In un ciotolone, passare la ricotta al setaccio, aggiungere il composto di grano cotto, lo zucchero, le 5 uova sbattute, la cannella, l’aroma fiori  d’arancia, qualche goccia di anice, i canditi tritati con la mandolina piccolissimi e amalgamare bene il composto. Quando è pronto aggiungere il cioccolato e miscelare ancora un pò. Accendere il forno a 160°.

Togliere la frolla dal freezer, dividerla in due parti della stessa dimensione. Stendere il primo panetto ad una altezza di circa 2 cm e foderare uno stampo da pastiera (tipo quello per la cassata… altrimenti da crostata va benissimo, togliere gli eccessi on un coltello. Riempite con un mestolo con la farcia e con gli sfridi fare con la rotella dentata delle striscioline da applicare proprio come fosse una crostata. Ripetete la stessa operazione con la seconda teglia. Infornare per circa 1h e mezza.

La pastiera va lasciata per 3 giorni in dispensa affinché il ripieno di assesti e gli aromi si combinino.

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NEOPOLITAN PASTIERA (makes 2 26 cm cakes)

Crust:

  • 500gr all purpose flour
  • 180gr butter
  • 400 gr sugar
  • 3 eggs
  • seeds from half a vanilla bean
  • grated rind from half a lemon
  • pinch of salt

Filling:

  • 500 gr grain
  • 500gr  ricotta cheese
  • 5  eggs
  • 500gr sugar
  • 350gr milk
  • rind from half a lemon
  • orange blossoms water
  • 100 gr chocolate chips
  • 1 tablespoon powdered cinnamon
  • 1 teaspoon butter
  • 50 gr candied fruits
  • 1/2 vanilla bean
  • anise liquer (optional)

Start making the pastry by crumbling the butter with the flour before adding the sugar, the vanilla seeds , the grated lemon rind and the pinch of salt. Transfer on a work surface and work the mixture with a fork adding in the center the eggs one at a time. Work quickly with your hands until you get a smooth and firm dough. Cover with foil and place in freezer.

Proceed with the stuffing. Place the grain in a nonsticking pan with milk, lemon rind, vanilla bean and a knob of butter and cook for 1 hour, making sure it does not stick to the bottom. Let it cool, remove the vanilla and lemon peels and smash with a potatomasher everything except a spoon. You might instead use pre-boiled grain skipping the above procedure. In a large bowl, skip the ricotta cheese through a sieve, add the grain mixture, sugar, 5 eggs (lightly beaten), orange blossoms water, a few drops of anise liquer, finely chopped candied fruits, chocolate chips and mix well.

Preheat the oven to 160 °.

Remove the pastry from the freezer, divide it into two parts of equal size. Roll out the first dough 2 cm height and line a round mold. Fill with the stuffing and using the scrap of dough make the typical tart stripes.

Repeat the same operation with the reserved dough. Bake for about 1 hour and a half.

You should wait 3 days before eating pastiera so that the filling settles and aromas combine.

pastiera di pattipatti (15)

Torta alle nocciole {con soli 3 ingredienti}

torta di nocciole senza farina (43)

(scroll down for english version)

Ho sempre sognato di fare la mamma. Di tre bambini.

Poi crescendo ho scoperto che le cose non sempre vanno come vorresti, che anche quella che sembra la cosa più scontata del mondo può trasformarsi in una ‘diversità’ ed allora piangi, ti disperi, cerchi conforto, arrivi ad avere nausea e vomito… e ti batte il cuore…. e ti salgono le lacrime agli occhi perché pensi di essere incinta. Ma non lo sei. Poi lotti, contro te stessa, contro i tuoi limiti, contro la natura che ti ha voluta ‘diversa’ e dopo 41 infinite settimane di pensieri, ansie e punture nel sedere abbracci il tuo cucciolo, ammiri i suoi piedini, le sue manine, …e piangi, piangi a dirotto dall’emozione.

Gli altri due bimbi non li avrò mai. Credo sia giusto prendere ciò che viene ed è per questo che ora che sono a casa mi godo la mia pulce ogni istante prima che cresca troppo in fretta…osservo ogni sua piccola scoperta…ascolto ogni nuova (buffa) espressione uscire dalla sua boccuccia…lo vedo crescere in altezza dall’orlo pantaloni che pian pianino si accorcia…o emulare i grandi camminando con le mani nelle tasche, infilando i suoi piedini cicciotti nelle scarpe giganti del babbo oppure caricando la lavatrice con i suoi peluche.

Mentre mi godo la pulce, mi riapproprio della mia cucina…quella gialla…che negli ultimi anni mi ha vista accendere forno e fornelli rarissime volte (perché quando si tornava a casa nelle Marche, un weekend sì ed uno no, si andava a mangiare dalla mamma o dalla suocera!).

La torta di oggi esce da questo benedetto forno che mi fa sempre tribolare perché ha il termostato sballato e cuoce talmente tanto sotto da avermi bruciato più di un biscotto, una crostata ed una filetta di pane. Ora che ho, bene o male, capito che c’è uno sbalzo di 20 gradi tra temperatura interna e termostato mi regolo di conseguenza….e butto un occhio oltre il vetro ogni 5 minuti.

torta di nocciole senza farina (23)

La frutta secca non manca mai nella mia dispensa ed una scorta generosa di nocciole mi ha convinta a provare questa famosa torta, vanto della cucina piemontese. Il libro dal quale l’ho tratta, riporta almeno 3-4 versioni diverse (è insomma sul genere della torta di mele…ogni famiglia ha la sua versione…chi mette la farina, chi no, chi mette il burro, chi lo evita come la peste, chi usa il lievito, chi si accontenta di una torta che non cresce)…io mi son fatta tentare da quella più semplice che prevede solo 3 ingredienti: nocciole tostate di alta qualità, uova freschissime e zucchero (per me di canna chiaro perchè quello semolato, se posso, lo evito).

Sembra di mangiare uno zabaione alle nocciole. Per me è stata estasi pura.

E’ un dolce particolarmente ‘carico’ pertanto a chi si aspetta più una torta da colazione o merenda consiglio la versione ‘alleggerita’ da farina, lievito e burro/olio che mi ripropongo di provare più avanti.

torta di nocciole senza farina (28)

TORTA ALLE NOCCIOLE SENZA FARINA (per uno stampo a cerniera da 16 cm)

adattata da ‘Ricette di osterie d’Italia – i dolci’ Edizioni Slow Food

  • 300 gr di nocciole tostate (la ricetta vorrebbe quelle della varietà tonda gentile delle Langhe, io non le ho trovate ed ho usato quelle Igp di Giffoni)
  • 3 uova
  • 150 di zucchero di canna chiaro (semolato nella ricetta originale)

Battete i tuorli con lo zucchero fino a quando diventano spumosi. Tritate finemente (io le ho lasciate leggermente più grossolane non avendo a disposizione il robot da cucina) le nocciole e montate gli albumi a neve ben ferma.

Preriscaldate il forno a 150° C.

Unite sia le nocciole che gli albumi alle uova mescolando delicatamente dall’alto verso il basso. Versate in una teglia imburrata (nel mio caso ricoperta di carta da forno) ed infornate in forno già caldo per un’ora circa.

Utilizzando uno stampo più grande del mio otterrete un dolce meno alto…ma altrettanto squisito!

torta di nocciole senza farina (7)

3-INGREDIENTS HAZELNUTS CAKE (using a 16 cm spring-form pan)

  • 300 gr roasted hazelnuts
  • 3 eggs
  • 150 gr white cane sugar (or granulated)

Beat the egg yolks until foamy. Chop finely the hazelnuts with the help of a blender (I did’t have one so I cut them coarsely with a knife). Beat the egg whites to stiff peaks.

Preheat the oven to 150° C. Butter the baking pan (you can rather line it with parchment paper).

Combine the hazelnuts and the egg whites with the egg and sugar mixture and stir gently from down to top. Pour into the baking pan and transfer into the oven. Cook for a hour.

Using a bigger pan you will get a thiner…but always scrumptious…cake!

***

Questa ricetta va ai nostri amici di Gluten Free Travel & Living per il  100% Gluten Free (Fri) day

100% Gluten Free (Fri)Day

Panettoncini al miele e pecorino…le mie Marche in tavola

panettoncini al miele e pecorino  (35)

(scroll down for english version)

Appartengo ad una generazione che non ha dovuto fare i salti mortali per trovare un lavoro. Anzi, ricordo che quando, 5 giorni dopo esser stata acclamata dottoressa, ricevetti quella famosa telefonata da Porto San Giorgio restai un po’ basita perché dopo tutta la fatica fatta a scrivere centinaia di pagine di tesi mi sarei goduta volentieri qualche giorno di vacanza.

Le cose facili però non mi sono mai piaciute. Così come ho sempre adorato le sfide, non con gli altri …..ma con me stessa.

Sfide che mi hanno portata ad uscire dall’ambiente provinciale e sempliciotto nel quale sono cresciuta per allargare i miei orizzonti, fare nuove esperienze, incontrare volti nuovi e provare a lasciare per la strada la cadenza che mi accompagna dalla nascita. Tutto bello, bellissimo, direi eccitante fino a quando hai un lavoro che ti appassiona, che ti ruba ore al sonno senza neanche accorgertene, che ti porta a lavorare anche il fine settimana. Tutto bello fino a quando questo lavoro perde a poco a poco di significato e, quasi in contemporanea, arriva un cucciolo d’uomo a stravolgerti la vita.

Ho lasciato che passassero 11 lunghi anni prima di convincermi di amare profondamente la terra nella quale sono nata e cresciuta, di amare le sue sfumature di colore che vanno dal blu intenso del mare Adriatico alle verde prato delle pianure, al quello ulivo delle colline, fino al verde bosco della dorsale appenninica; di amare i prodotti straordinari che mani umili e, al tempo stesso, sapienti sono riuscite a creare ed a custodire per generazioni.

La ricetta di oggi la voglio dedicare alla mie Marche e con essa voglio celebrare alcune delle sue eccellenze gastronomiche: il farro, il pecorino e il miele.

Quale miglior occasione il contest ‘Blogger love Qb’ di Valentina di Nonsolopane che, grazie alla collaborazione con il Molino Grassi,  ci ha dato la possibilità di ricevere a casa due confezioni della loro linea di farine biologiche Qb (Qualità bio) in commercio dal 2012 ed ottenute miscelando grani antichi con grani moderni.

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Il pacchettino che mi è arrivato nei giorni scorsi conteneva la Einkorn e la Multicereali…..direi che non poteva andar meglio visto che oramai sapete che sono una tipa ‘integrale’ e che snobbo altamente tutti i prodotti raffinati.

Avendo già deciso di reinterpretare una ricetta tradizionale tipica del periodo pasquale, la pizza di formaggio (che trovate qui nella sua versione originale), la scelta della Einkorn, un mix di farro integrale monococco e di farina di tipo 1, è stata quasi obbligata. ‘Il farro piccolo o monococco fu tra i primi cereali coltivati dall’uomo, nelle zone più orientali del Mediterraneo. Lo fu sino al 3.000 a.C., quando fu gradualmente sostituito da farro dicocco e farro spelta, in grado di garantire raccolti più abbondanti. Questo cereale possiede un alto contenuto in carotenoidi che uniti alla ricchezza di sali minerali della farina di tipo 1, garantisce particolari aspetti nutrizionali e antiossidanti’ (tratto dal blog di Valentina).

Le Marche sono infatti uno dei primi produttori nazionali di farro e questo straordinario cereale fa la sua comparsa, integro nel suo chicco oppure sotto forma di farina, in molte ricette regionali.

Quando si è trattato di scegliere gli altri due ingredienti non ho faticato molto a trovare due eccellenze a pochi kilometri da casa. Del pecorino vorrei dirvi di più ma mi rammarico di non conoscere il produttore mentre per quanto riguarda il fantastico miele di acacia che ho utilizzato vi parlerò presto perché nei giorni scorsi ho conosciuto Giorgio, custode di oltre 24.000.000 di api.

I panettoncini sono frutto della mia rielaborazione perché questa ricetta nasce nella versione originale sotto forma di pane e viene proposta dall’Agriturismo ‘Il Giardino degli Ulivi’ di Castelraimondo (MC), un luogo assolutamente da visitare sia per la suggestività degli ambienti che per la cucina.

La dolcezza del miele smorza la nota pungente del pecorino facendo risultare questo pane molto più delicato di quello tradizionale. L’aglio in superficie (che nel pane intero andrebbe lasciato a spicchi con tutta la camicia) lascia un aroma unico ed inebriante.

L’abbinamento ideale è con i salumi…io, restando in zona, vi consiglio il salame di Fabriano o il ciauscolo…se, come la sottoscritta, non mangiate insaccati gustateli con un piattino di erbe di campo (cicoria, crespigne, tarassaco, grugni) lessate e ripassate in padella con aglio e peperoncino.

Amanti della pasta madre rassegnatevi perché per questa volta ho lasciato il mio Pastrocchio nel frigo e gli ho preferito il lievito di birra visto che il regolamento del contest richiede la realizzazione di lievitati veloci.

Pronti per scoprire la ricetta?

PANETTONCINI AL MIELE E PECORINO con farina EINKORN (per 12 pezzi)

liberamente adattata da ‘Ricette di osterie e di porti marchigiani’ – Slow Food Editore

  • 500 gr di farina Einkorn del Molino Grassi (miscela di farina integrale di farro monococco biologico e farina di tipo 1 di grano tenero bologico)
  • 25 gr di lievito di birra
  • 1/4 di bicchiere di olio extravergine di oliva (quello di casa mia)
  • acqua q.b.
  • 50 gr di pecorino marchigiano stagionato grattugiato
  • 50 gr di pecorino marchigiano semi-stagionato a pezzetti
  • 40 gr di miele biologico marchigiano (acacia, corbezzolo o millefiori)
  • 6 spicchi d’aglio (del mio orto)
  • olio per ungere gli stampini
  • pangrattato di farro

Disponete la farina a fontana incorporandovi il lievito sbriciolato, l’olio, un pizzico di zucchero, poco sale ed il pecorino grattugiato. Unite acqua quanto basta ad ottenere un impasto omogeneo ed elastico.

Lavoratelo per 5 minuti dopodiché unite il pecorino semi-stagionato a pezzetti distribuendoli uniformemente nella massa.

Coprite con un canovaccio umido e lasciate lievitare per oltre 5 ore (io 6) rompendo la lievitazione un paio di volte (cioè rimanipolando la massa in modo che perda i gas della fermentazione).

Terminata la lievitazione, aggiungete il miele amalgamandolo grossolanamente all’impasto. Dividete la massa in porzioni di 70-80 gr (per averli più gonfi potete arrivare anche a 90) che metterete a lievitare  per un’ora in degli stampini di alluminio mono-porzione precedentemente oliati e cosparsi di pangrattato.

Riscaldate il forno a 200° C. Spennellate i panettoncini in superficie con olio e ricopriteli con gli spicchi d’aglio tagliati a pezzetti. Cuocete per 25-30 minuti fino a quando la crosta superiore risulterà dorata.

Mangiate tiepidi o freddi con salumi oppure con un piatto di verdure di campo ripassate in padella con aglio e peperoncino.

***

PANETTONE BITES WITH HONEY AND PECORINO CHEESE (makes 12 pieces)

  • 500 gr organic bread flour (mixture of wholemeal spelt flour and wheat flour type 1)
  • 25 g fresh yeast
  •  1/4 cup extra virgin olive oil
  • water
  • 50 grams aged pecorino cheese (grated)
  • 50 grams semi-mature pecorino cheese (diced)
  • 40 grams organic honey (acacia or wildflowers)
  • 6 cloves of garlic
  • oil for greasing
  • spelt bread crumbs

On a work surface incorporate the crumbled yeast to the flour, then add the extra virgin olive oil, a pinch of sugar, a little of salt and the grated pecorino cheese. Start kneading and add just enough water to obtain a homogeneous and elastic dough.

After the first 5 minutes add the diced semi-mature cheese, distributing it evenly throughout the dough.

Cover with a damp cloth and let rise for at least 5 hours breaking the leavening a couple of times (you just have to knead again the dough so that it loses the fermentation gas) .

After the leavening, add the honey to the mixture mixing coarsely with your hands. Divide the dough into portions of 70-80 gr, shape into balls  and transfer in aluminum molds  (previously oiled and sprinkled with breadcrumbs) to rise.

Preheat the oven to 200 ° C. Brush the top with oil and sprinkle with the chopped cloves of garlic. Bake for 25-30 minutes until the top crust turns golden brown .

Eat warm or cold with salami or with a mix of spring greens sauté with garlic and chilli.

***

Con questa ricetta partecipo al contest ‘Ricette regionali’ de La Kucina di Kiara

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e alla raccolta di Ricette Pasticcione sul tema Pasquale

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